Costanzo, oltre 6 milioni di spettatori per i funerali in tv: quando il lutto fa audience
ASSIA NEUMANN DAYAN
Il festival di Sanremo, i Mondiali, i funerali: questo è quello che rimane dei grandi eventi televisivi. Carmelo Bene aveva chiesto che gli venisse fatto «il funerale da vivo», perché «non c’è bisogno di consegnare un cadavere in pubblico per meritare la dimenticanza». Con la morte di Maurizio Costanzo tutti di colpo ci siamo ricordati dell’«Uno contro tutti» del Maurizio Costanzo Show con Carmelo Bene, e tutti siamo andati a riguardarcelo: quell’intervista è l’immaginario nazional popolare che ci siamo costruiti, l’evento fondativo di un certo tipo di televisione che non è più replicabile, e a pensare che non ci sono più né i Bene né i Costanzo ci mette una malinconia profondissima per la nostra vita di telespettatori. Quando a Bene fu chiesto perché fosse andato «a farsi adulare e lapidare» lui rispose: «Quello è stato un esempio di televisione non mediata, avevo intenzione di creare un cortocircuito, di parlare dell’uomo di cui non si parla mai perché voi della stampa non informate dei fatti ma informate gli stessi fatti. E lì, al Parioli, c’era questo pubblichetto che vuole continue certezze, questo elettorato perpetuo che si vota sempre».
Adesso la televisione non mediata non esiste più. Saremo sempre e per sempre grati a Maurizio Costanzo, anche e soprattutto per quelle due ore di messa in scena di un «Quinto Potere» più che credibile. I funerali di Maurizio Costanzo, andati in onda il 27 febbraio sia su Rai1 che su Canale 5, sono stati seguiti da circa 4,3 milioni di spettatori su Canale 5 e da 2,3 milioni su Rai1: parliamo di circa il 50% di share se consideriamo entrambe le reti (19,71% su Rai1 e 35,49% su Canale 5). Le curve di Rai1 e Canale 5 assomigliano a quelle che vengono chiamate in gergo «curve a panettone», sogno di tutti quelli che grazie alla tv pagano mutuo, bollette e tasse, gente che di solito la tv in casa non ce l’ha nemmeno: curve che partono, crescono, si stabilizzano e scendono a fine programma. Quello che succede nelle redazioni quando muore qualcuno di molto famoso è anche molto cinico: si stravolgono palinsesti, si cambiano gli ospiti, qualcuno sceglie di non andare in onda, altri scelgono di esserci sempre, anche per le settimane a seguire, perché magari conviene in termini di ascolti.
Non è possibile fare un’analisi dei dati auditel dei funerali celebri, per il semplice motivo che non possono essere paragonati orari e date di messa in onda così diversi e distanti, ma quello che possiamo dire è che il funerale è un genere televisivo a sé, e pure di successo. Il funerale di Fabrizio Frizzi venne seguito da 5 milioni e 174mila telespettatori, mentre quello di Raffaella Carrà, trasmesso al mattino da Rai1 e Rete4, viene visto da circa 3,5 milioni di spettatori con il 32,4%: 3 milioni con il 28,3% di share per lo speciale del Tg1, mentre lo speciale del Tg4 fece il 4,1% di share con 423mila spettatori. 4,5 miliardi di persone in tutto il mondo hanno seguito i funerali della Regina Elisabetta, mentre il funerale di Lady D venne visto da 10 milioni di telespettatori che piangevano: quello fu uno shock generazionale, un trauma collettivo che in numeri corrisponde al 75,9% di share, la percentuale più alta di tutto il 1997.
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