L’Europa costretta a rischiare
di Angelo Panebianco
Nel pericoloso mondo multipolare in cui siamo ormai immersi, saranno le nostre scelte e le nostre azioni a decidere del nostro futuro
Wang Yi, l’emissario di Xi Jinping, incontra gli americani a Monaco e poi vola a Mosca da Putin. La Cina propone il suo piano di pace a sostegno dell’alleato russo. La guerra in Ucraina si rivela apertamente per ciò che è sempre stata: posta in gioco in una partita triangolare fra Stati Uniti, Cina e Russia. All’Assemblea generale dell’Onu una schiacciante maggioranza di Paesi condanna l’aggressione russa ma esiste anche, guidata da Cina e India, una consistente minoranza (ne fanno parte, fra gli altri, diversi Paesi africani) che si astiene, rifiutando di schierarsi contro Putin. Il G20 si spacca, con la Cina, ancora una volta, al fianco della Russia. Il mondo è diventato multipolare ma, come ha osservato un acuto commentatore, Robert Kagan, c’è poco da stare allegri. I sistemi internazionali multipolari del passato non erano pacifici: le grandi potenze venivano coinvolte con grande frequenza in guerre locali e, periodicamente, entravano in conflitto (armato ) fra loro. La differenza — e che differenza — è che oggi le grandi potenze (e anche qualche media potenza) dispongono di armi nucleari.
L’unico modo che abbiamo noi occidentali per arginare il caos montante in età multipolare, e per difendere i beni di cui abbiamo fin qui goduto (pace, libertà, prosperità) è mantenere, oggi e in futuro, unità e coesione. Proprio ciò che russi e cinesi pensano che non saremo in grado di mantenere a lungo. Le due grandi potenze autoritarie, come recita un antico detto cinese, sono sedute sul greto del fiume e aspettano che passi davanti a loro il cadavere del nemico, del mondo occidentale. E non mancano le ragioni che rendono l’attesa russa e cinese tutt’altro che campata in aria.
Dopo le Presidenze del disimpegno (Obama e Trump) con Biden, causa la guerra di Putin, l’America è tornata, è di nuovo impegnata nella difesa dell’Europa. Ma tutto ciò quanto durerà? Non è affatto sicuro che le prossime Amministrazioni americane confermeranno le scelte di Biden. C’è l’Asia, c’è la Cina da contenere, e c’è una società americana divisa e polarizzata una parte della quale non capisce perché i ricchi europei non debbano difendersi da soli. E c’è per contro un’Europa che non è in grado di stare in piedi autonomamente. L’Europa è in una condizione di stallo. Ci sono, a indebolirla, le sue tante fratture (Paesi nordici/Paesi mediterranei; Europa centrale/Europa occidentale) ora meno visibili a causa della pandemia prima e della guerra poi, ma pronte a riesplodere una volta superata la fase più acuta dell’emergenza. Mentre continuano a gettare sale sulle ferite, nei vari Paesi, le pressioni (dette sovraniste) di chi vorrebbe innalzare ponti levatoi per bloccare la circolazione di persone e merci. Una Europa che, non potendo risolvere i propri problemi di leadership (la Francia non ha la forza per assumerla, la Germania non vuole, la Gran Bretagna se ne è andata), non è in grado di darsi, se non sotto la guida americana, una coesione sufficiente per fronteggiare le sfide esterne. Ogni tanto arriva qualcuno che immagina una difesa europea del tutto autonoma dalla Nato. Come se fosse possibile fare accettare agli europei un gigantesco spostamento di risorse dal welfare alla difesa militare. E come se fosse facile spiegare agli elettori che il sacrificio è reso necessario dal fatto che la kantiana «pace perpetua» che essi credevano ormai un dato acquisito (almeno nella nostra parte del mondo) non aveva nulla di perpetuo.
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