Il ruolo di Frontex, Guardia Costiera e di Finanza, la risposta, il sospetto: l’inchiesta della Procura di Crotone sul naufragio, punto per punto

La risposta dell’Agenzia – Chiamata a dare spiegazioni, scrive Giusi Fasano, Frontex «ha fatto sapere che, in sostanza, lei segnala ma poi tocca alle “autorità italiane competenti” fare i passi successivi. Basterà questo per tenersi fuori da eventuali responsabilità?».

E Guardia Costiera e Guardia di Finanza? – «Se il ruolo di Frontex è secondario, certo non si può dire lo stesso della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza. La Procura ha chiesto ai carabinieri di ripercorrere ogni passaggio della loro attività fra le 23.03, quando Frontex avvista la barca, e le 4-4.10,quando quella carretta del mare e il suo carico umano finiscono contro la secca, davanti a Steccato di Cutro».

Il sospetto – La Procura, insomma, «non ha potuto ignorare il sospetto che Guardia Costiera e Guardia di Finanza possano avere responsabilità nel mancato allarme e, quindi, nel mancato soccorso» . Il primo passo sarà acquisire i documenti con le ricostruzioni fornite dai due corpi. Ma a quel punto potrebbero subentrare interrogativi di altra natura.

La questione politica

Una tragedia come quella di domenica chiama in causa, eccome, le responsabilità politiche, a ogni livello. In ballo c’è il ruolo del governo e in generale le sue scelte strategiche sul tema immigrazione, con le loro eventuali ricadute sui soccorsi. Poi c’è il ruolo dell’Europa. E infine quello dell’opposizione. Punto per punto:

• I due ministri chiamati in causa – Fiorenza Sarzanini, nell’editoriale, va dritta al punto: «Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si è lasciato andare a dichiarazioni scomposte e offensive mentre quello alle Infrastrutture Matteo Salvini si è fatto scudo dietro la Guardia costiera senza spiegare che cosa sia davvero accaduto. Adesso bisogna invece fare chiarezza».

La verità da accertare – «Si deve sapere che cosa è successo dopo l’allarme lanciato da Frontex, chi è intervenuto, chi non è intervenuto», aggiunge Fiorenza. E qui arriva il punto politicamente decisivo: «Si deve scoprire se sia stata sottovalutata la portata dell’evento o se invece ci sia stato il timore di uscire in mare — con uomini e soprattutto mezzi adeguati a prestare soccorso in maniera efficace — per non incorrere nell’accusa da parte di alcuni politici di aver portato i migranti a terra, come già è accaduto in passato».

Perché questo è un punto decisivo? – Lo ha spiegato ad Agorà, su Rai3, l’ammiraglio Vittorio Alessandro, ex portavoce della Guardia Costiera: «Perché non si è fatto il soccorso? Perché c`è stata questa non valorizzazione della necessità del soccorso? Perché noi siamo reduci da anni in cui, di fatto, il soccorso è diventato l’ultima cosa da fare. Meglio evitarlo. Questo lo hanno capito le navi, lo hanno capito i pescherecci. Gli unici a non capirlo sono i volontari delle Ong che continuano a fare i soccorsi e si beccano le bastonate, sanzioni».

Cosa vuol dire? – Vuol dire che, almeno fino al 2018, la Guardia Costiera si è distinta per il salvataggio in mare di migliaia di persone, spesso spingendosi anche al di là delle acque territoriali. Con l’avvento del governo 5 Stelle-Lega, cinque anni fa, la chiara indicazione politica è stata di non funzionare più da «taxi del mare». Così, secondo l’ammiraglio Alessandro, la Guardia Costiera ha ridotto drasticamente l’azione di soccorso per limitarsi a compiti di polizia. Una tesi negata da un ufficiale del corpo che, intervistato da Giusi Fasano, preferisce l’anonimato: «L’anno scorso abbiamo salvato 50 mila persone. Davanti a un allarme saremmo partiti subito» .

Ma qual è l’intento politico? – Di certo il governo nato quattro mesi non fa mistero di ritenere che una forte propensione ai soccorsi, e in particolare una presenza diffusa di navi Ong, costituiscano un «pull factor», cioè un fattore di attrazione per i migranti e per i trafficanti che lucrano sui loro viaggi disperati. L’assunto è: meno soccorsi, meno partenze.

È un assunto fondato? Gli studi più approfonditi, proposti in particolare dall’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), hanno negato in questi anni la sussistenza del pull factor. E anche la tragedia di Cutro sembra escluderlo: i migranti sono partiti dalla Turchia per percorrere la rotta ionica, in cui non sono presenti navi Ong, affrontando condizioni meteo avverse per sbarcare in un Paese il cui governo, diciamo così, non pone l’attività di soccorso dei migranti tra le sue priorità. Quindi: pull factor pari a zero, push factor (fattore di respingimento, politico e meteorologico) fortissimo. Eppure sono partiti lo stesso, sapendo di rischiare la morte, come centinaia di migliaia di persone prima e, prevedibilmente, dopo di loro.

Il ruolo di Piantedosi – La reazione del ministro è un caso nel caso. Stizzito, domenica ha minacciato di querelare un prete e un medico calabresi che lo criticavano in tv, su La7, fermato solo dall’intervento di Enrico Mentana. Poi le parole cui sarà associato per anni: «La disperazione non può giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli». Lo sconcerto è stato generale: può un governo così politico avere un ministro così privo di senso del momento? Non servirebbe, in un ruolo così, la gravitas istituzionale di un Amato, un Pisanu, un Napolitano, un Maroni?

Ma la maggioranza lo difende – Piantedosi, è noto, è stato scelto da Salvini. Fratelli d’Italia ha fatto emergere in questi giorni il suo malumore verso entrambi. Ma l’arrivo alla guida dell’opposizione di Elly Schlein, in coincidenza con l’esplosione di un tema per lei così identitario come i migranti, ha ricompattato i fronti. Lo spiega Massimo Franco: «La tensione tra FdI e Lega è ben controllata, eppure affiora. Ma l’insistenza della neosegretaria del Pd e delle altre opposizioni per le dimissioni di Piantedosi costringe l’esecutivo a fare quadrato nella difesa del ministro». Azzerata, insomma, qualsiasi ipotesi di rimpasto.

I nuovi toni di Meloni – Sono importanti, in questo quadro drammatico, le parole della presidente del Consiglio nella lettera alla Commissione europea: «Non si tratta di trovare gli strumenti per annullare la migrazione verso l’Europa, ma di stroncare la tratta illegale di esseri umani, e fare in modo che il fenomeno migratorio sia gestito nel rispetto delle regole e della sicurezza (anzitutto nell’interesse degli stessi migranti), e con numeri tali da consentire l’effettiva integrazione di chi viene in Europa con la legittima aspirazione a una vita migliore». Sono toni nuovi, rispetto all’idea velleitaria di fermare partenze e sbarchi. E segnalano forse un cambio di marcia, con una gestione più coraggiosa dei flussi (dell’ultimo decreto si è occupata la nostra Rassegna).

Il bisogno d’Europa – Lo sottolinea Fiorenza Sarzanini: «Tutti a Bruxelles devono collaborare con l’Italia e con gli altri Stati di primo ingresso, quelli dove i migranti approdano ma dove spesso non hanno intenzione di rimanere. L’azione deve essere comune, le promesse della Ue — puntuali dopo ogni tragedia — devono trasformarsi in fatti, provvedimenti. Gli egoismi nazionali non possono continuare a prevalere perché chi intraprende viaggi che possono durare giorni o addirittura mesi, chi decide di mettere a rischio la propria vita, così come quella dei figli, lo fa nella maggior parte dei casi spinto dalla povertà e dalla disperazione» .

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.