Il testimone di un Paese che dice no al cinismo

Ugo Magri

Le emozioni che il presidente tradiva ieri, impietrito davanti alle 67 bare nel Palasport di Crotone, sono le stesse della gente comune: dolore per le vittime, vicinanze alle loro famiglie, solidarietà ai superstiti, speranza che questi drammi non si ripetano più. La politica si divide sui migranti, le opposte demagogie accendono gli animi; ma i corpi di bambini gettati sulla spiaggia no, quelli non li vuole vedere nessuno, quale che sia il colore di appartenenza; almeno su questo c’è concordia. Sergio Mattarella è andato in Calabria per testimoniare l’unità sostanziale del Paese che dice no alle tragedie in mare e si ribella al cinismo di quanti vorrebbero usare i poveri morti come deterrente per frenare i futuri arrivi. C’è un limite a tutto e, nel caso dei migranti, questo limite invalicabile è rappresentato dal senso di umanità.

L’accoglienza riservata a Mattarella, le richieste di giustizia e di verità che gli sono state rivolte per strada, certificano quanto la sua visita interpreti i sentimenti veri dell’Italia. Abbiamo molti difetti, ma il «cattivismo» non sta nelle nostre corde: il capo dello Stato ha ritenuto giusto rimarcarlo. Chi ci vede un gesto di supplenza nei confronti di Giorgia Meloni, che è volata in India per una missione importante, è del tutto fuori strada. Il capo dello Stato non fa le veci, non è il surrogato di nessuno, tantomeno di una premier in grado di discernere dove e quando recarsi.

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