I primi giorni del Covid-19, come andò davvero: nessuno voleva la zona rossa

L’audio segreto

È il pomeriggio del 3 marzo 2020: intorno a un tavolo ai piani alti di Regione Lombardia si svolge una riunione tra il ministro Roberto Speranza volato a Milano, il governatore Attilio Fontana, l’assessore Giulio Gallera, il direttore generale della Sanità Luigi Cajazzo e gli epidemiologi Vittorio De Micheli e Danilo Cereda. Durante l’incontro si parla di Alzano e di Nembro. Un audio — già pubblicato dal Corriere e adesso allegato agli atti con i nomi di tutti i protagonisti — dà conto della conversazione sull’impennata dei contagi e la necessità di istituire una «zona rossa».

Speranza: Diciamo, tutto quello che abbiamo fatto finora non porta nessun segnale minimo di contenimento, ancora zero…

Gallera: È presto, poi il dato è un po’ grezzo…

Speranza: Queste persone si potrebbero essere ammalate prima dell’inizio delle nostre misure, perché le misure le abbiamo messe in campo da una settimana…

Fontana: Dieci giorni.

Speranza: Ancora non vediamo…

Gallera: Esatto, esatto… Non vediamo, c’è solo la diffusione…

De Micheli: Però sentiamo la necessità che il clima di preoccupazione cresca un po’ più di quello che è stato, perché c’è molta sottovalutazione.

Gallera: Alzano e Nembro… Voi volevate fare… secondo me, l’idea della zona rossa lì, al di là che dia il messaggio che sia perfettamente lì… però là abbiamo il secondo focolaio… sta crescendo e là non c’è la percezione perché chi abita lì… questi continuano a uscire, vanno in giro…

Speranza: Più si annuncia, più si scappa.

Gallera: Quindi bisognerebbe proprio… che ha fatto la proposta…

Speranza: Sì, sì, ci stanno ragionando… Appena rientro, provo…

Cereda: Al limite potrebbe arrivare anche oltre provincia di Lodi che ne ha 500. Quindi il focolaio è nato secondario, ma potrebbe diventare il peggiore della Lombardia. Mentre con la zona rossa… qualcosina…

Gallera: Non la città, la città ancora è abbastanza… è a 40, 50… Sono i due Comuni sopra…

«Servono approfondimenti»

Mentre il ministro Speranza torna a Roma, in provincia di Bergamo i malati e i morti si moltiplicano. Ma serviranno ancora sei giorni di rimpallo tra governo, Regione e Comitato scientifico per quella soluzione che in realtà manda in «zona rossa» tutta Italia. Proprio la sera del 3 marzo il Cts evidenzia come Alzano e Nembro «hanno fatto registrare ciascuno oltre 20 casi, con molta probabilità ascrivibili a un’unica catena di trasmissione. Ne risulta, pertanto, che l’R0 è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio». Per questo «propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei Comuni della “zona rossa” (di Codogno, ndr) al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue». Il 4 marzo, quando le vittime in Italia superano quota cento, il premier Giuseppe Conte firma un decreto per chiudere fino al 15 marzo università, scuole, teatri, cinema. Ma «sulla proposta relativa ai due Comuni della Provincia di Bergamo», chiede agli esperti «di acquisire ulteriori elementi per decidere se estendere la “zona rossa” a questi due soli comuni oppure, in presenza di un contagio ormai diffuso, estendere il regime all’intera Regione Lombardia e alle altre aree interessate».

La riunione con Conte

Il coordinatore del Cts Silvio Brusaferro risponde il 5 marzo: «Pur riscontrandosi un trend simile ad altri Comuni della Regione, i dati in possesso rendono opportuna l’adozione di un provvedimento che inserisca Alzano Lombardo e Nembro nella zona rossa ». Il ministro della Salute Speranza ha predisposto una bozza di decreto, ma Conte non è convinto, vuole attendere ancora. Anche per questo il giorno dopo il premier va alla Protezione civile e incontra i componenti del Cts. Ma la fumata è ancora nera. Gli scienziati non convincono la politica, la linea è «superare la distinzione tra “zona rossa”, “zona arancione” e resto del territorio nazionale in favore di una soluzione ben più rigorosa». Se ne discute ancora 12 ore e la situazione si sblocca alle 2 di notte del 7 marzo quando il premier annuncia la chiusura dell’Italia. Il decreto entrerà in vigore il 9, quindi dopo altre 48 ore. Alzano conta 55 contagiati, Nembro 107, la provincia di Bergamo 1.245, per tacere dei morti. Palazzo Chigi precisa che «le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti». Un modo per dire che se la Lombardia pensava davvero che la zona rossa di Alzano e Nembro andasse creata prima, avrebbe potuto farlo in piena autonomia, così avevano già fatto Lazio, Basilicata, Emilia-Romagna, con ordinanze limitate al territorio di specifici comuni.

Errori che si ripetono

L’atteggiamento dei politici durante tutta la pandemia è sempre stato orientato verso le riaperture con Salvini e Meloni che volevano far ripartire l’Italia, Franceschini i musei, Boccia le scuole, Calenda e Renzi che puntavano all’economia e Di Battista sottolineava come il cancro faccia più morti del Covid. Si sarebbe potuto fare molto di più per arginare il virus in quei giorni e anche nei mesi successivi: ma ogni misura di contenimento ha sempre sollevato scontri e proteste, con il risultato di rimandare le decisioni il più possibile. Alessandro Vespignani, fra i massimi esperti mondiali di modelli epidemiologici, la sintetizza così: «Dei leader politici hanno barattato le loro fortune elettorali con la salute pubblica dei cittadini». Allora, e purtroppo anche dopo.

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.