Firenze, selfie e sorrisi (un po’ tesi) per l’esordio in piazza di Elly Schlein, la «compagna segretaria»
di Fabrizio Roncone, inviato a Firenze
Alla manifestazione antifascista l’abbraccio (misurato) di Maurizio Landini. E ora la cercano i bonacciniani. In corteo sfilano anche vecchie e logore bandiere del Pci. Le mamme con sciarpa arcobaleno
Urla antiche.
Dov’è Elly?
Qualcuno ha visto Elly?
Oh, dov’è finita la compagna segretaria? (roba da documentario: compagna segretaria, la chiamano).
Calma. Stanno arrivando anche Conte e Landini e
comunque Elly è lì sotto, sommersa da quella tonnara di fotografi e di
cameramen, di militanti giovani e di anziani con il fazzoletto dell’Anpi
al collo.
Ci sono anche operai e disoccupati, presidi e insegnanti, bidelli
precari, una folla di sinistra con facce di sinistra, certi con le
vecchie e logore bandiere del Pci, di Rifondazione, e poi ci sono mamme
con la sciarpa arcobaleno e papà venuti a difendere la Costituzione e i
propri figli dai pestaggi delle nuove squadracce nere: tutti scossi e
però anche mossi da un sentimento di legittima curiosità, un miscuglio
di automatico affetto e stupore ancora non sopito, perché non era
proprio scontato di potersi ritrovare, in una giornata così, con una segretaria alla guida del Pd e, addirittura, del corteo.
Ecco, appunto.
«Meglio fermarci e aspettare gli altri due», suggerisce pieno di saggezza politica Dario Nardella,
con la fascia tricolore da sindaco di Firenze e quella certa confidenza
con Elly da far sospettare che, nonostante alle primarie fosse
schierato con Stefano Bonaccini,
le chiacchiere sul suo destino imminente (sarà presidente o, piuttosto,
vice-segretario del partito?) possano avere un solido fondamento.
Lei, Elly Schlein, un po’ pallida e forse un po’ tesa in questo esordio di popolo, con il solito outfit da centro sociale, la solita estrema attenzione a non sbagliare mosse, niente lasciato al caso, smorfie, parole, carezze ai bambini, mentre tutti le chiedono un selfie, perché c’è ormai questa moda assurda anche nei cortei, e se hanno chiesto un selfie a Maria De Filippi davanti al feretro di Maurizio Costanzo, figuriamoci se si lasciano sfuggire Elly. Ai ragazzi che le cantano «Bella ciao», dice «Grazie e complimenti», e poi, di botto, molto teatrale, sparisce alla vista, lasciandosi inghiottire dal mischione e accovacciandosi, il cellulare all’orecchio e una mano davanti alla bocca.
Siamo fermi sul Lungarno della Zecca Vecchia, sotto l’hotel Ritz, sotto un sole improvvisamente caldo: con i manifestanti che sfilano diretti verso piazza Santa Croce, dov’è stato allestito il palco, ma molti di loro non resistono all’idea di indugiare, e buttare un occhio. Così Elly chiude la telefonata e si rialza in piedi, ricompare tra spinte e gomitate, tutti si ondeggia pericolosamente, c’è uno che cade, parte un bestemmione, la verità è che il servizio d’ordine della Cgil sembra composto da frati trappisti, niente a che vedere con i leggendari energumeni che arrivavano dai porti di Genova e di Livorno, tipi che avevano bicipiti come tronchi, e mani come pale.
Pure il segretario generale Maurizio Landini è seguito da una scorta un po’ sfilacciata. Nardella, tattico: «Elly, eccolo…». E allora lei mette su un sorriso un po’ fisso, e gli va incontro. Lui è uno di quegli uomini incapaci di fingere, e se fingono, te ne accorgi. Prima gli hanno chiesto con insistenza, pitoneschi, se fosse contento di ritrovarsi circondato dalle bandiere del Pd. «Ma questa è una manifestazione di tutti», ha risposto Landini, gelido. L’abbraccio con Elly è — diciamo così — di circostanza. Buono per i fotografi, già un po’ meno per le telecamere (molte croniste televisive sono furibonde, dovranno montare i servizi con immagini accroccate: il fatto è che la Schlein si muove ancora, praticamente, senza ufficio stampa, senza staff comunicazione; adesso: va bene farsi intervistare e consacrare dal New York Times, ma mediaticamente è qui, in Italia, che deve funzionare).
Meglio, comunque, più partecipati, gli abbracci con capi e capetti di partito. Affettuosità con Cuperlo, Provenzano e Zingaretti. La Gribaudo, con lo sguardo tipo: io sono molto amica sua, eh. Più discreto Marco Furfaro (segnatevi questo cognome: rapido, colto, talento politico in purezza). Grande affetto dei manifestanti per Roberto Speranza: «Grazie, ministro, di averci guidato fuori dal Covid». Poi è arrivata Debora Serracchiani. Meravigliosa. Aveva scommesso tutto su Bonaccini, ma ora briga per essere confermata — lo stesso — al comando del gruppo alla Camera: e allora eccola che, sprizzando allegria, va verso la segretaria come fosse sua sorella, «Elly, evviva!».
Lentamente, entriamo in piazza Santa Croce. Bella, piena di antifascismo. Dicono di aver avvistato Teresa Bellanova e la coppia verde gruppettara Bonelli/Fratoianni (sempre un po’ mogi, dopo aver portato a Montecitorio il compagno Soumahoro, quello dell’«Anch’io ho diritto all’eleganza»). La comparsa di Giuseppe Conte rassicura i retroscenisti. Il grande capo grillino che pensava di poter mangiare a morsi la sinistra italiana è venuto a mischiarsi con la sua sciarpa di cachemire purissimo, il «duvet», sottomantello delle capre, una rarità (certo, costicchia). A Elly dona persino una maglietta con la sua firma (proprio di Elly): «In difesa della scuola e della Costituzione». Poi si appartano, parlano. Gira voce si siano dati un appuntamento per la prossima settimana.
Pages: 1 2