Da Firenze arriva l’urlo dei giovani contro l’indifferenza
di Corrado Augias
L’annuncio è stato “Siamo quarantamila!”, forse è vero probabilmente no, ma non ha tutta questa importanza. Dopo mesi di silenzio delle piazze conta più il clima dei numeri che di necessità sono sempre approssimativi. Il clima a Firenze è stato quello giusto e non parlo dell’abbraccio tra Schlein e Conte, forse ne scaturirà un accordo politico, vedremo. Parlo proprio della piazza che si riscuote da un lungo letargo in nome di quell’antifascismo che, dopo il 1° gennaio 1948, è alla base della nostra civile, pacifica convivenza.
Giorni fa su questo giornale Luigi Manconi constatava
con rammarico il silenzio, l’apatia, un po’ di tutti su una situazione
politica degradata e incerta. Aveva ragione Manconi ma non poteva
chiedere una risposta, come invece faceva, ai Grandi Vecchi. La risposta
è arrivata sabato da Firenze ed è una risposta che ha la voce della
scuola, cioè dei giovani, potrebbero essere loro il segnale di quel
piccolo clic che rimette in moto il meccanismo inceppato della
democrazia.
Durante la campagna elettorale il tema dell’antifascismo è stato più
volte dichiarato eccessivo o pleonastico, un inutile richiamo ad un
lontano passato. È successo invece che il comportamento di alcuni
ministri ha reso evidente la giustezza di quelle preoccupazioni. Il
ministro Giuseppe Valditara, con ogni dovuto rispetto, non ha capito che il suo richiamo alla preside Annalisa Savino per la lettera da lei scritta
era profondamente ingiusto. Quella lettera avrebbe meritato l’elogio,
non il biasimo, di un ministro che assumendo l’incarico ha giurato
fedeltà alla Costituzione. Lo spirito di quella lettera rispecchiava la
Costituzione, il richiamo del ministro la negava. Di fronte alle
critiche, il ministro è sembrato cadere dalle nuvole, mi è parso di
vedere sincero stupore nelle sue reazioni, era evidente la sua buona
fede ed è proprio questo l’aspetto più inquietante.
La stessa buona fede, la stessa sorpresa, l’ho letta nella reazione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi quando ha detto, con candore, che i migranti non dovrebbero partire col brutto tempo. Uguale stupore di fronte alle critiche ha dimostrato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano che, con perfetta innocenza, aveva proclamato Dante fondatore della cultura di destra. Perché dico che proprio l’innocenza è l’aspetto più inquietante? Perché le loro reazioni rivelano di quale cultura questi uomini, oggi rappresentanti dello Stato, si siano nutriti, con quanta superficialità abbiano letto davanti al presidente della Repubblica la formula della loro investitura.
Parole semplici, un solo stringato periodo: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”. Per osservare lealmente la Costituzione bisognerebbe in primo luogo sapere che cosa c’è scritto in quel sudatissimo pezzo di carta, al prezzo di quali lotte il famoso popolo italiano sia finalmente riuscito ad avere, con ritardo su altri paesi, la sua carta fondamentale dei diritti.
Qui torna il discorso sulla manifestazione di Firenze e
sull’antifascismo richiamato con insistenza durante la campagna
elettorale di settembre. Nessuno pensa che Giorgia Meloni
si affaccerà un giorno dal balcone di palazzo Venezia osannata dalla
folla. Il fascismo che si deve temere non sono le camicie nere, l’olio
di ricino per gli oppositori, gli scalmanati che gridano Duce, a noi!
L’eterno fascismo, come scriveva Umberto Eco,
è quello inconsapevole di chi s’è nutrito d’indifferenza, di vecchi
pregiudizi, di chi non si rende conto che accusare o deridere Elly
Schlein per la sua ebraicità è un atteggiamento orribile anzi, dopo
quello che è successo nel XX secolo, intollerabile.
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