Migranti, il centrodestra è compatto. E questa volta Schlein sceglie di non parlare: il racconto dall’aula
di Fabrizio Roncone
L’attesa (delusa) tra i dem: l’intervento lasciato a Provenzano
Informativa urgente del ministro dell’Interno.
Lui supera la porta a vetri e imbocca, con passo deciso, prefettizio, il primo corridoio.
Penombra.
Commessi ossequiosi.
Solo il rumore dei suoi tacchi.
Si volta di colpo: ingrigito, teso, accigliato.
Montecitorio, dieci minuti alle 13.
Matteo Piantedosi sta andando in Aula per spiegare al Parlamento e agli italiani come e perché quel barcone carico di migranti sia potuto naufragare a pochi metri dalla costa di Cutro, nel crotonese. Nessuna certezza, a parte i cadaveri che galleggiavano: 72, tra cui 28 minorenni (i bambini sono 7: le bare bianche che abbiamo visto allineate nella grande camera ardente, dove il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è subito recato, portando il cordoglio del Paese).
Adesso: mentre Piantedosi sparisce dietro il tendone di velluto rosso pompeiano, un giro in Transatlantico.
Ma guarda: ecco laggiù Elly Schlein. Vestita di scuro, e scura anche in volto. Ha chiesto, da giorni, le dimissioni di Piantedosi. È stato il primo atto, appena eletta segretaria del Pd. Un segnale al governo: la mia opposizione sarà dura, regolatevi.
Capannelli dem. «Oggi Elly gliele canterà». «Finalmente abbiamo un capo… Cioè, no scusate: una capa».«Oh, dico: siete proprio sicuri che sarà lei a parlare?». Cala una certa tensione. Passano Cuperlo e Furfaro, poi Zingaretti. Nessuno fiata. Gira voce che possa esserci anche la premier, Giorgia Meloni. Un cronista, per fare il fico, telefona — o finge di telefonare — al suo nuovo portavoce, Mario Sechi. Un altro, per essere fichissimo, manda un whatsapp proprio a lei: «Con tutto il rispetto per Sechi: io parlo direttamente con Giorgia» (come sempre, fa status chiamare per nome i premier: Enrico, Matteo, Paolo, Peppino, Giorgia. Solo con Mario — cioè Mario Draghi — nessuno si azzardava).
Tutti entrano nell’emiciclo.
La Meloni non c’è.
E nemmeno Matteo Salvini.
Ma per non far sentire troppo solo Piantedosi, gli hanno piazzato un picchetto di altri quattro ministri (Calderoli per la Lega, Zangrillo per FI, Ciriani e Nordio per FdI); sotto, gruppetto di sottosegretari, tra cui quello alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami,
il fratello d’Italia diventato famoso per la foto in cui appare vestito
da ufficiale delle SS (una goliardata, ha spiegato, era un addio al
celibato: ma poi Fedez, al Festival di Sanremo, ci ha montato su un gran
casino).
Piantedosi parte sicuro. Legge, nessuna emozione, testo senza troppo burocratese. Il primo applauso arriva dopo un quarto d’ora. Da questo momento, però, sarà un crescendo. Frasi chiave: «Emergenza segnalata solo alle 4
del mattino»; «Una virata fatale del barcone dietro il disastro»;
«Falso dire che questa governo impedisca i soccorsi». Poi l’elenco di
tutte le sciagure in mare degli ultimi decenni: l’impressione di voler
mettere tutto nel frullatore, morti e dinamiche, contesti ed errori.
Messaggio sott’inteso: se qualcosa s’è sbagliato stavolta, s’è sbagliato molto anche in passato, e con i governi di centrosinistra.
Standing ovation: i deputati del centrodestra, scatenati, in piedi. Lui, il ministro dell’Interno, si siede. China la testa.
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