Quelle amnesie del ministro
Annalisa Cuzzocrea
Palazzo Chigi plaude alla ricostruzione della strage di Cutro portata in Parlamento dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Quella ricostruzione però è piena di omissioni e inesattezze. Soprattutto, non risponde alla domanda più importante: perché la Guardia costiera non è intervenuta sapendo che c’era un caicco carico di migranti sulle coste calabresi con il mare forza sei? Il ministro elude, confonde, cita cose inesatte. È soprattutto interessato a indicare un unico colpevole per quanto accaduto (72 morti accertati di cui 28 minori, 80 superstiti e ancora molti dispersi): gli scafisti. Non il mancato soccorso, non le mancate politiche di accoglienza per persone provenienti da Paesi dove non ci sarebbe neanche bisogno di spiegare perché si fugge: Afghanistan, Iran, Pakistan, Territori palestinesi, Siria, Somalia.
La colpa di tutto è, per Piantedosi, degli scafisti che illudono e poi fuggono causando le morti in mare. Che avrebbero fatto una virata improvvisa per paura ci fosse la polizia sulla spiaggia. Ma vediamo perché questa interpretazione è, a dir poco, fuorviante.
L’avvistamento
«L’assetto aereo Frontex che, per
primo, ha individuato l’imbarcazione alle ore 22:26 del 25 febbraio a 40
miglia nautiche dall’Italia, non ha rilevato e quindi non ha segnalato
una situazione di distress a bordo, limitandosi a evidenziare la
presenza di una persona sopra coperta, di possibili altre persone sotto
coperta e una buona galleggiabilità dell’imbarcazione», dice Piantedosi.
«L’imbarcazione procedeva a velocità regolare, non appariva
sovraccarica e non sbandava». Peraltro, non arrivava da lì «nessuna
segnalazione di allarme o richiesta di aiuto». Quella richiesta, stando
alle parole dello stesso ministro, non poteva arrivare perché gli
scafisti erano in possesso di uno strumento capace di inibire le
comunicazioni Gps. Ma restiamo a quanto detto su Frontex che non aveva
segnalato un distress. «Non sta a noi classificare un evento come
“Search and rescue” (di ricerca e soccorso) – ha fatto sapere l’Agenzia
europea delle frontiere – secondo le leggi internazionali è
responsabilità delle autorità nazionali». Quindi, doveva essere l’Italia
a trasformare quella segnalazione – caicco in avvicinamento,
rilevazione termica di molte persone a bordo, condizioni del mare in
peggioramento – in un evento per il quale doveva intervenire la Guardia
costiera.
Le motovedette
A questo punto Piantedosi si
lancia nel lungo elenco di soccorsi in mare fatti dal 22 ottobre 2022 al
27 febbraio 2023 dalle nostre Autorità, mettendo in salvo 24.601
persone. Non dice perché questa volta i soccorsi non sono scattati. Si
nasconde dietro quelli fatti in precedenza, dicendo che a soccorrere
possono essere anche le motovedette della Guardia di Finanza che escono
in missione di law enforcement, di polizia. Racconta poi che le due
motovedette uscite quella notte non sono riuscite ad avvicinarsi alla
barca e sono tornate indietro per le cattive condizioni del mare, ma non
spiega perché – a quel punto – non siano usciti i mezzi più possenti e
adatti alla tempesta della Guardia costiera.
Il meteo
Soprattutto non cita mai il report che l’Aeronautica militare aveva inviato alle autorità: il bollettino prevedeva, dalle 18 del 25 febbraio alle 6 del mattino dopo “burrasche sullo Ionio settentrionale”. “Mare molto mosso e in aumento”, fino a forza 7. Non bastava questo, per segnalare un «distress», per usare il linguaggio anglo-burocratico del ministro? Non è forse vero che secondo il disciplinare Sar del 2020 perché scattino le operazioni di ricerca e soccorso basta il riscontro oggettivo di situazioni di pericolo, anche dubbio o eventuale? Insomma, non è forse vero che non serve che qualcuno chiami e dica: «Affoghiamo», perché la Guardia costiera si muova a soccorrere un’imbarcazione che le è stata segnalata in una situazione di pericolo? A queste domande, non polemiche, il ministro non ha dato risposta. Anzi, sembra dire il contrario: «È essenziale chiarire che l’attivazione dell’intero sistema Sar non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza».
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