Schlein-Bonaccini, oggi l’accordo: “A Stefano un ruolo politico”

Carlo Bertini

Stefano Bonaccini, irritato dalla lunga attesa, avrà il ruolo di presidente che lui rivendica per aver vinto tra gli iscritti ma la avverte di «non schiacciarsi solo sui 5stelle»; i cattolici di Castagnetti minacciano di uscire dal Pd, snaturando in quel caso il dna di quel partito nato dalla fusione delle culture ex democristiane ed ex comuniste. Sul termovalorizzatore di Roma «ne parlerò con Gualtieri, ma va progettato il futuro dei prossimi anni», dice Elly Schlein a “Otto e mezzo”.

Giornata dura per la neo-segretaria, culminata con una telefonata al governatore sconfitto alle primarie. «Ci siamo trovati d’accordo per lavorare insieme nella chiarezza», dice Schlein. «Lui avrà un ruolo, auspico che sia un ruolo politico di primo piano. Io gli ho fatto una proposta di massima condivisione della gestione del partito», allarga le braccia, alludendo all’offerta di fare il vicesegretario, il numero due del Pd, che il governatore ha rifiutato per le tante resistenze interne alla sua area. «Sui capigruppo, valuteremo, ci sarà un elemento di discontinuità ma ne discuteremo insieme. Con le primarie si è affermata una linea politica ma si lavora per tenere insieme tutto». La segretaria dunque intende «governare» assieme a Bonaccini il partito e per questo gli chiederà di mettere suoi esponenti nella segreteria esecutiva, oltre a fare il presidente.

Giornata non semplice dunque, cominciata con una scritta su un muro di Viterbo, «la tua faccia è già un macabro destino», vergata a fianco di una svastica, «antisemitismo schifoso da contrastare con l’educazione nelle scuole», lo liquida così Schlein: pessimo segnale da cui emerge avvolta da un mantello di solidarietà di tutte le forze parlamentari, in primis i dem ma anche La Russa e Meloni, a seguire gli altri. In mattinata poi, un’ora alla Camera ardente in Senato di Bruno Astorre, circondata dai compagni di partito, con i quali più tardi discute sul nodo che attanaglia i dirigenti dem in queste ore: gli assetti interni e il coinvolgimento di una vasta area politica, trasversale, che vorrebbe sentirsi a casa anche nel partito più di sinistra di Schlein. Lo dimostrano le parole del governatore, che ricorda di aver raggiunto «quasi il 50 per cento dei consensi, un risultato non banale come non è banale aver vinto fra gli iscritti». E quando, rispetto ai settemila iscritti in pochi giorni, Bonaccini osserva che «va bene ma dobbiamo evitare una emorragia silenziosa di chi rischia di non sentirsi a casa», dalle parti di Schlein suona l’allarme.

Lo dimostra la minaccia, «rimarremo nel Pd se vi sarà un vero pluralismo politico e culturale», lanciata da Pierluigi Castagnetti, che guida l’area cattolico democratica del partito, gli ex popolari: «Se non ci fosse questo pluralismo non ci sarebbe più il Pd, che deve trovare la buona sintesi ma far vivere le sue anime culturali. Tocca però a queste anime, tutte, non rinchiudersi in gabbie organizzative che siano recepite come correnti di potere. È successo ed è stato un elemento di debolezza del centrosinistra».

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