Il naufragio dell’umanità
MASSIMO GIANNINI
Dunque, ci risiamo. Il mare ci sta ancora restituendo i corpi dei bimbi innocenti annegati lungo la spiaggia di Cutro, e già ne ingoia altri poche miglia più in là. Stavolta siamo a 120 chilometri da Bengasi. Stavolta i sommersi sono “solo” 30 e i salvati 17, il barcone si è rovesciato durante un trasbordo improvvisato da un mercantile, la tragedia è avvenuta in “zona Sar” libica. Ma a parte queste differenze, anche questo disastro, come quello di una settimana fa in Calabria, ha la stessa “matrice”: potevamo salvarli, e non l’abbiamo fatto. L’allarme su quel barchino Alarm Phone l’ha lanciato due giorni fa. A raccoglierlo è stato il Centro di coordinamento di Roma. La Guardia Costiera italiana ha allertato quella libica. E fine delle operazioni: tutto si è fermato lì. Nessuno ha più mosso un dito o messo in acqua una motovedetta. Siamo al tragico scarico di responsabilità che abbiamo già visto a Cutro. Salvare esseri umani “non ci compete”. La Guardia Costiera, con puntiglio pilatesco, ci tiene a far sapere che il naufragio è avvenuto “al di fuori dell’area di responsabilità Sar italiana”. I capigruppo di Fratelli d’Italia, con sprezzo del ridicolo, ci tengono a ribadire che questa non è una tragedia, ma “un ricatto” contro il nostro Paese e che “non indietreggeremo mai di fronte alla mafia”. Di fronte a questo ennesimo scempio, il governo ha ancora il coraggio di lamentarsi se i giornali parlano di “stragi di Stato”?
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