Bandi e opere, corsa contro il tempo: il Sud frena il Recovery

Inoltre, spostare i progetti al Sud avrebbe il vantaggio per lo Stato di dover aggiungere meno risorse proprie: il cofinanziamento, infatti, prevede almeno il 15% di fondi nazionali per le regioni meno sviluppate, il 40% per quelle in transizione e il 60% per quelle più sviluppate. Detto così sembra tutto facile, ma la spesa resta il grande problema italiano, tanto che bisogna spendere ancora 20 miliardi ereditati dal precedente bilancio europeo (2014-2020), e per non perderli c’è tempo solo fino al 31 dicembre di quest’anno. Sono a rischio gli investimenti dei Comuni del Mezzogiorno. Il 62% delle amministrazioni considera complessa la partecipazione ai bandi del Pnrr contro il 57% dei Comuni del Centro-Nord. La realizzazione di un’infrastruttura sociale al Sud richiede nove mesi in più rispetto alla media dei Comuni italiani.

L’impegno c’è, visto che tra le amministrazioni con meno di 30 mila abitanti risulta una partecipazione ai bandi mediamente più alta nel Mezzogiorno, ma un tasso di aggiudicazione più contenuto. Tra i fattori che hanno generato criticità c’è l’eccessiva complessità delle procedure. Oltre il 40% dei Comuni ha avuto necessità di ricorrere a consulenze esterne per la partecipazione ai bandi.

Le stime della Svimez – l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – sui tempi di realizzazione delle infrastrutture sociali confermano il gap di capacità realizzativa al Sud. Le opere che procedono più a rilento sono quelle con investimenti fino a un milione di euro.

I ritardi si accumulano soprattutto nelle fasi iniziali di affidamento dei lavori, rallentate dalle carenze di personale tecnico specializzato. La percentuale di personale under 40 dei Comuni è del 4,8 per cento nel Mezzogiorno (10,2% nel Centro-Nord); e solo il 21,2% dei dipendenti comunali al Sud è laureato (28,9% del Centro-Nord).

LA STAMPA

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