Il Leviatano della finanza e le colpe della politica
Mai come oggi, persino più che a Palazzo Chigi, la mancanza di un Mario Draghi si sente proprio all’Eurotower di Francoforte. È vero che i tecnocrati non bastano e che spesso, più che trovare la soluzione, hanno fatto parte del problema. Ma i politici che hanno combinato? Giulio Tremonti, giustamente, denuncia la “follia monetaria” di questi decenni, contesta l’errore storico del passaggio dall’austerity alla liquidity, invoca una politica «che riprenda il controllo del Leviatano finanziario». Ma se guardiamo ai pasticci dell’ultimo ventennio, non possiamo negare che a combinarli è stata un’insana, generalizzata distopia, socio-culturale oltre che politico-economica. Da una parte l’illusione diffusa di guadagno facile per tutti, dall’altra l’accettazione ottusa dei dogmi liberal-liberisti. E qui, due lezioni. La prima è una “Lezione italiana”: non succederà nulla di grave, per carità, ma con questi chiari di luna, se fossi in Giorgia Meloni, deporrei le armi dell’ideologia sovranista e per sicurezza mi affretterei a ratificare il Mes, che nell’ultima versione accresce i fondi a disposizione degli Stati per eventuali default creditizi. La seconda è una “Lezione americana”: la legge più dura nei controlli sulla solvibilità delle banche, il Dodd-Frank Act, lo vara Obama nel luglio 2010, sulle macerie di Lehman e dopo un bailout da 300 miliardi di dollari a carico del contribuente americano. “Mai più crisi bancarie”, è l’imperativo dell’asinello democratico, che scarica Wall Street e sceglie Main Street. Ma poi è il capital-populista Trump, sette anni dopo, a fare marcia indietro, nonostante i moniti dell’allora numero uno della Fed, Janet Yellen che il 17 novembre 2016, in audizione al Senato, dice: «Si dovrebbe essere felici che ora il sistema finanziario è più sicuro: la legge Dodd-Frank funziona, e per questo non sarebbe opportuno riportare indietro le lancette della regolamentazione finanziaria». Parole perse nel vento di Capitol Hill, non ancora violata dagli sciamani guidati da Jack Angeli.
Il 3 febbraio 2017 il Tycoon firma i primi due ordini esecutivi. Cambiano le norme sul Financial Stability Oversight Council con l’obiettivo di «non caricare più gli istituti finanziari con centinaia di miliardi di dollari di costi regolamentari», vengono abolite quelle sulla tutela dei risparmi dei pensionati, dell’Ufficio di protezione dei consumatori e sulla cosiddetta Volcker Rule, che vieta alle banche d’affari le compravendite in titoli con i depositi dei correntisti. L’11 aprile 2018 il tronfio The Donald, in un incontro con i big dell’economia, bolla la Dodd-Frank come «il disastro che ha danneggiato lo spirito imprenditoriale degli americani». Il 24 maggio il Congresso approva definitivamente il “liberi tutti” trumpiano, che tra l’altro eleva da 50 a 250 miliardi di dollari la soglia minima di asset del singolo istituto al di sotto della quale non scatta più la Vigilanza della Fed.
Dunque, se oggi salta per aria proprio Svb, cioè una delle banche minori che da allora ha potuto operare senza controlli, con chi ce la vogliamo prendere? Col Moloch politico o col Leviatano finanziario? La verità è che siamo un po’ tutti colpevoli, nel trolley ovarico turbo-capitalista che crea-distrugge-trasforma. E le terapie che oggi ci paiono salvifiche, a partire proprio dall’intervento pubblico, sono necessarie ma sembrano propedeutiche alle crisi future. Come scrive Paul Krugman, l’Amministrazione americana ha fatto la cosa giusta, ma scegliendo di rimborsare tutti i clienti ha concesso un enorme favore ai titolari di grandi conti correnti, a partire dai ricchi signori della Silicon Valley. È bene proteggere le famiglie, ma se non è “azzardo morale” questo, cos’altro lo è?
Abbiamo visto il nemico, e siamo noi stessi. Dopo il Covid, secondo L’Institute of International Finance, il debito pubblico mondiale è cresciuto oltre il 350% del Pil globale. Durante la pandemia le banche centrali hanno creato 15 miliardi al giorno di nuova liquidità, per un totale di acquisto titoli superiore ai 10 mila miliardi. Il bilancio della Fed è passato da 4.310 a 8.660 miliardi di dollari, quello della Ue è triplicato fino al 60% del Pil europeo. Il boom sfrenato degli start-upper digitali e dei Capitalisti della Sorveglianza, insieme al caos incontrollato delle cripto-valute, hanno fatto il resto. Ha ragione Nouriel Roubini: con i tassi di interesse a zero per tanto tempo, i mercati finanziari sono diventati un casinò in cui i soldi gratis hanno nutrito una mostruosa bolla degli asset e del credito, le economie avanzate e un po’ drogate hanno lasciato che il rischio impazzasse, alimentando un circolo vizioso “boom-bush-crash” (espansione-declino-crollo) destinato a riprodursi a ciclo continuo (“La Grande Catastrofe”, Feltrinelli).
Per questo conviene fermarsi, e ragionare a mente fredda. In fondo qualche ragione il cugino Herbert ce l’ha. L’innovazione è benedetta, ne abbiamo un gran bisogno. La finanza, ci mancherebbe altro. Il mercato, non ne parliamo nemmeno. E insomma, siamo d’accordo: è il capitalismo, bellezza. Ma siamo ancora così sicuri che non possiamo farci proprio niente?
LA STAMPA
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