Putin sfida l’Aja nel buio di Mariupol, visita a sorpresa nella città rasa al suolo

Anna Zafesova

Guidare nella notte per le strade di Mariupol occupata, entrare nelle case appena ricostruite in mezzo alle macerie, stringere le mani dei suoi abitanti e ascoltarli ringraziarlo per «questo piccolo pezzettino di paradiso»: Vladimir Putin ha reagito all’incriminazione da parte del Tribunale internazionale dell’Aja presentandosi in persona nella città ucraina di cui ha ordinato la conquista e la distruzione. Un’apparizione molto attesa dai sostenitori della guerra, ansiosi di vedere il leader russo sulla linea del fronte al pari del suo avversario Volodymyr Zelensky, per riaffermare quello che la propaganda ripete tutti i giorni e che la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha ripetuto anche ieri essere la condizione irrinunciabile di Mosca per un negoziato: «Il riconoscimento delle nuove realtà territoriali», cioè dell’annessione russa dei territori ucraini. Alla vigilia dell’arrivo a Mosca di Xi Jinping, in una visita che il Cremlino aspetta con ansia, il presidente russo ha deciso così di mandare un segnale: qualunque possa essere il “piano di pace” concordato con Pechino, non ha intenzione di discutere di Donbass e Crimea.

Una visita che però non ha avuto una scenografia solenne, e il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov forse ha ragione a descriverla come «improvvisata». Putin non si è presentato come il padrone delle sue nuove terre: le poche riprese del suo giro per Mariupol trasmesse dalla televisione di Stato russa sono avvenute al buio, a tarda sera o nella notte. Una visita quasi furtiva, forse per motivi di sicurezza, o semplicemente per non mostrare le condizioni reali di una città-martire, rasa al suolo da quasi tre mesi di bombardamenti, dove il 90% degli edifici sono stati distrutti o pesantemente danneggiati. Putin – che il giorno prima era apparso in Crimea, nell’anniversario della sua annessione nel 2014 – si è messo al volante di una Toyota insieme al vicepremier Marat Husnullin, che l’ha portato nel quartiere Nevsky, appena eretto in mezzo alle macerie. Nel buio di un cortile altrimenti deserto il presidente si è imbattuto in un paio di famiglie che gli hanno espresso la loro gratitudine e l’hanno invitato a visitare il loro trilocale, ordinato in una maniera innaturale. Poi, si è fatto spiegare da Husnullin, direttamente in strada, che Mariupol non era stata distrutta dai russi che l’assediavano, ma sarebbe stata devastata dai «nazisti ucraini» che si ritiravano «minando anche le apparecchiature mediche». Infine, il presidente russo ha visitato la nuova sala della filarmonica – quella dove i suoi falchi stavano allestendo la gabbia per il processo ai combattenti del battaglione Azov, che il Cremlino ha invece restituito a Kyiv in cambio dei prigionieri russi – sedendosi con aria annoiata in una poltrona della platea e commentando distrattamente «comodo e bello».

Un’apparizione talmente insolita da aver sollevato qualche dubbio sull’autenticità della scenografia, e aver risvegliato i soliti dubbi sul fatto che Putin fosse stato impersonato da un sosia. Poche ore prima, il presidente era stato in Crimea, in compagnia del suo confessore Tikhon Shevkunov, subito dopo è apparso – di nuovo nella notte, ma già vestito con giacca e cravatta invece del maglione con piumino sfoggiati a Mariupol – a Rostov-sul-Don, in territorio russo, salendo le scale del «centro di comando militare» insieme al capo dello Stato Maggiore Valery Gerasimov. Nella stanza del centro lo aspettava anche l’ex comandante delle truppe in Ucraina Sergey Surovikin, ma è con Gerasimov che (stando a Peskov) Putin si è «appartato a lungo» dopo la riunione, a sottolineare che resta il suo interlocutore principale tra i militari, nonostante i ripetuti attacchi del capo del gruppo Wagner Evgeny Prigozhin.

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