Mario Antonietto

Mattia Feltri

Amo alla follia la Francia, ma non riesco a nascondere l’entusiasmo alla vista di Parigi cosparsa di rifiuti. Noi, qui a Roma, ci riusciamo da anni senza nemmeno la scusa dello sciopero degli spazzini (ma intanto, zitto zitto, il nostro sindaco Gualtieri la sta ripulendo mica male e, a proposito di petulante autodiffamazione, per il terzo anno consecutivo La Sapienza è la miglior università al mondo per studi classici: allons romains!).

Ai cari amici francesi, che ricordano di aver tagliato la testa a Luigi XVI, e lo rifaranno con Emmanuel Macron, questo Mario Antonietto sfrontato al punto d’aver varato la riforma che manderà i sudditi in pensione a sessantaquattro anni anziché a sessantadue, vorrei sottolineare che noi, pizza e mandolino, ci andiamo a sessantasette. Voilà. Però qualcosa glielo invidio: proprio Macron. Il quale ha varato la riforma, secondo superpoteri costituzionali, nonostante la maggioranza dei parlamentari fosse contraria e nonostante il popolo con le picche fuori dall’Assemblée.

Noi, fichissimi con la nostra Sapienza e la nostra età pensionabile, vantiamo leader tremolanti davanti ai follower e volatili a seconda della viralità su Facebook, e ogni volta a svolazzare in favore di vento col brandello di Costituzione: la sovranità appartiene al popolo (senza eccetera, però).

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