Meloni-Macron, il faccia a faccia disgelo dura oltre un’ora e mezza. La premier: dalla Tunisia rischiamo 900 mila arrivi
di Marco Galluzzo
L’incontro ieri sera a Bruxelles. Al termine del Consiglio europeo Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron si sono incontrati faccia a faccia per il primo bilaterale “vero” dopo gli incontri informali a Roma
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES
Entrano in albergo allo stesso orario, poco prima delle 23. Scelgono una
sala privata. Al bar dell’hotel Amigò è già seduto il Cancelliere
tedesco con il suo staff. Macron e Meloni invece dicono arrivederci ai
loro collaboratori e fanno insieme la scalinata che conduce al primo
piano. Le porte si chiudono e a vigilare sulla riservatezza
dell’incontro restano le scorte. Se in un primo tempo la notizia era il
confronto del disgelo, con il passare dei minuti la prospettiva diventa
un’altra: la presidente del Consiglio e il presidente della Francia hanno deciso di parlarsi a tu per tu, da soli
. E quando il confronto finisce sono passati 100 minuti, oltre
un’ora e mezza. Dopo cinque mesi di gelo i due presidenti avevano tante
cose da dirsi.
L’incontro l’ha chiesto lui. Dopo
un lungo periodo di incomprensioni, accuse reciproche, parole piccate.
All’una di notte sono ognuno nella rispettiva camera, non dicono una
parola alle proprie delegazioni. Macron
si è lasciato alle spalle un Paese spaccato, con centinaia di migliaia
di manifestanti in piazza contro la sua riforma delle pensioni. Eppure
ha scelto di esserci, sia al vertice europeo che con la
presidente del Consiglio. Per Giorgia Meloni invece è un faccia a faccia
che diventa immediatamente, dal punto di vista mediatico, il momento
simbolo della sua prima giornata a Bruxelles.
Bastano questi pochi
dati di cronaca per definire l’evento comunque eccezionale. Nell’unico
altro incontro ufficiale lei non aveva ancora ottenuto la fiducia del
Parlamento, e furono le sale dell’hotel Melia, a Roma, ad ospitare una
conversazione privata. Non andò benissimo, e le scorie di quel primo
confronto si videro poche settimane dopo, con uno scontro diplomatico
senza precedenti fra i due apparati istituzionali, sulle responsabilità
del porto di approdo di una nave delle Ong.
Da allora le due
diplomazie hanno lavorato in silenzio cercando un riavvicinamento. Il
Quirinale è intervenuto con una telefonata di Sergio Mattarella al capo
dell’Eliseo e con un lavoro fuori dai riflettori che non si è mai
interrotto. Alla fine i due leader hanno ripreso a messaggiarsi. Un
ulteriore picco negativo nelle relazioni si è avuto, nonostante tutto,
quando Macron decise di invitare Zelensky a Parigi, insieme al cancelliere Scholz, escludendo l’Italia.
Eppure, subito dopo, complice un
incrocio massiccio di interessi fra i due sistemi economici e politici,
che si dispiega in obiettivi paralleli su dossier strategici, dalla
difesa all’aerospazio, dall’integrazione delle due economie ad interessi
geopolitici convergenti, i due leader hanno ripreso a parlarsi.
Sul piatto dell’incontro c’è di sicuro
anche una richiesta francese, quella bollinatura delle tecnologie
nucleari fra quelle compatibili alla transizione energetica che per
Parigi è essenziale. L’Italia può dare una mano. E certamente, in
cambio, può dare Parigi una mano a Roma, in primo luogo sull’esplosiva
situazione della Tunisia, ma più in generale su tutto il dossier
migranti.
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