Meloni congela il viaggio in Africa. Assalto della Lega sulla protezione speciale

Ilario Lombardo Francesco Olivo

Quel viaggio a Tunisi di Giorgia Meloni, che a Palazzo Chigi avevano ipotizzato poco più di tre settimane fa, è stato sospeso. La macchina organizzativa della presidenza del Consiglio partirà solo quando ci sarà maggiore chiarezza sulle condizioni di stabilità del Paese nordafricano. Il governo vuole anche capire cosa faranno gli americani, se permetteranno all’Italia di portare in dote al presidente Kais Saied il finanziamento del Fondo monetario internazionale, al momento congelato. Dalla Farnesina emerge ottimismo, ma la partita resta complicata. Meloni aveva accennato al viaggio subito dopo il colloquio con la prima ministra tunisina Najla Bouden Romdhane, in visita a Roma agli inizi di marzo. La presidente del Consiglio è preoccupata. Gli aggiornamenti dei servizi segreti e del Ministero degli Esteri sono allarmanti. Il flusso dei migranti in partenza dalla fascia sub-sahariana e in transito dalla Tunisia è in aumento e Meloni teme possa diventare «incontrollabile». Anche per questo motivo, a Bruxelles, a margine del Consiglio europeo, ha cercato la sponda di Emmanuel Macron.

I timori di Palazzo Chigi si sono acuiti ieri dallo sviluppo della visita di Paolo Gentiloni, che inizialmente non è stato ricevuto da Saied con la scusa che «un presidente non incontra un commissario europeo». L’incidente diplomatico è stato risolto dopo qualche ora, Gentiloni ha potuto parlare con il capo di Stato nel pomeriggio, anche grazie alla mediazione dell’ambasciatore italiano Fabrizio Saggio. La questione cruciale per la Tunisia, ma anche per l’Italia, resta lo sblocco dei fondi che il Fondo monetario ha congelato con l’argomento che, in sostanza, il Paese nordafricano sta diventando un regime che peraltro non fa le riforme economiche. Ma quei soldi, 1,9 miliardi di dollari, sono decisivi per tentare di evitare il collasso dello Stato con evidenti ricadute sulle partenze dei migranti. Gli americani sembrano irremovibili, ma forse qualcosa si muove. Il governo spera che la telefonata prevista per oggi del ministro degli Esteri Antonio Tajani con il segretario di Stato Usa Antony Blinken possa ammorbidire la posizione di Washington. La proposta italiana, concedere i finanziamenti a rate condizionandoli all’attuazione delle riforme, inizia a far breccia.

C’è anche un fronte di politica interna che preoccupa: la Lega torna alla carica in Parlamento. La conversione del decreto licenziato dal Consiglio dei ministri a Cutro è l’occasione per il Carroccio di riproporre, ancora una volta, la stretta sulla protezione speciale. Si tratta dei permessi di soggiorno per chi, pur non avendo i requisiti della protezione internazionale, non può tornare nel proprio Paese d’origine per pericolo di persecuzione e tortura, per la Lega è un escamotage per una sorta di sanatoria mascherata.

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