Nuovo codice degli appalti, è scontro. Anac e Cgil: «C’è il rischio di voto di scambio»
di Claudia Voltattorni
L’entrata in vigore prevista è il prossimo primo aprile, ma le norme saranno efficaci dal primo luglio. Un tempo giudicato troppo breve per riuscire ad adeguare tutta la macchina organizzativa e burocratica e permettere di far partire opere per miliardi di euro. Ma il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è certo: «Sarà uno strumento di lavoro fondamentale per l’Italia nei prossimi anni».
A poche ore dalla sua approvazione, il nuovo Codice degli appalti licenziato martedì dal Consiglio dei ministri però fa già molto discutere.
Se dal mondo delle imprese viene apprezzata la semplificazione e la sburocratizzazione di molte procedure, pesanti attacchi arrivano da Anac e sindacati. L’Autorità anti-corruzione parla di luci — «la digitalizzazione che obbliga alla trasparenza» —, ma anche di «ombra» per la possibilità in particolare dell’assegnazione diretta o a inviti degli appalti fino a 5.382.000 euro. «Soglie troppo elevate — spiega il presidente Giuseppe Busia- per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono quelli numericamente più significativi».
Il rischio, dice, è che «sotto i 150.000 euro va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato e questo è un problema, soprattutto nei piccoli centri».
Non è d’accordo Salvini che replica: «Più veloce è l’iter della pratica meno è facile per il corrotto incontrare il corruttore».
Non ne è affatto convinta invece la Cgil che teme perfino un ritorno «alle liste fiduciarie di Tangentopoli», dice Alessandro Genovesi della Fillea Cgil e il primo aprile scenderà in piazza con Feneal Uil e tutto il mondo edile. E non è esclusa la presenza anche del leader Maurizio Landini. «Il nuovo Codice riporta il Paese indietro di 30 anni vanificando la lotta alle mafie», attacca il segretario generale della Cgil Calabria Angelo Sposato. Ma Salvini liquida la protesta: «Se la Cgil annuncia una sciopero, vuol dire che il Codice è stato fatto bene».
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