Gli irriducibili del reddito di cittadinanza: ecco chi lo difende ancora
I difensori irriducibili del reddito di cittadinanza non spariscono mai. L’ultimo, in ordine, di tempo è tal Emiliano Fossi, deputato del Partito Democratico e membro della commissione Lavoro della Camera. Il parlamentare dem ha sfruttato la recente notizia del crollo delle domande per il rdc registrato dall’Inps per attaccare il governo Meloni e difendere lo strumento voluto dal Movimento 5 Stelle: “La Destra è riuscita nell’intento di spaventare gli italiani”, strepita Fossi. “Il reddito di cittadinanza si è rivelato estremamente utile per conseguire il miglioramento del welfare, per limitare gli effetti negativi della pandemia permettendo alle famiglie più fragili di sopportare il calo di reddito”. Ma c’è da dire che il deputato del Pd si ritrova in “buona” compagnia della difesa strenua del reddito.
La strenua difesa da parte dei 5 Stelle
A inizio marzo, infatti, è trapelata l’introduzione di “Mia”, la misura di inclusione attiva che metterà in soffitta il reddito di cittadinanza. Da quel momento in poi tante sono state le voci che si sono sollevate pur di non ammettere il fallimento della norma entrata in vigore nel 2019 per volere dei pentastellati. Del resto i dati parlano di un misero 8% di percettori del rdc che ha poi trovato lavoro. Senza contare i numerosi abusi e illegalità, agevolate dal provvedimento, che sono state portate alla luce in questi ultimi mesi. Eppure c’è chi non si arrende e, armato di elmo e scudo, insiste sul fatto di lasciare tutto com’è, ignorando il flop che il reddito si è rivelato. A partire dallo stesso M5s – ça va sans dire -, con Giuseppe Conte che parla di un taglio che “porterà al disastro sociale” e che potrebbe sfociare in vere e proprie “tensioni”. A fagli eco c’è naturalmente Beppe Grillo, secondo cui “il governo usa i poveri per fare cassa”. Posizioni simili sono state portate avanti anche da Alessandro Di Battista e dall’ex presidente della Camera Roberto Fico.
“Ha agevolato abusi e illegalità”. I numeri che smontano il reddito grillino
Non solo Movimento 5 Stelle, però. Anche il Partito Democratico del nuovo corso Schlein si sta battendo a spron battuto in sostegno del reddito di cittadinanza. Oltre a Fossi, infatti, c’è anche l’ex viceministro dell’Economia Antonio Misiani ad alzare la voce: “L’unico dato certo è che il governo Meloni ha tagliato del 20% i fondi contro la povertà dal 2024. Senza soldi, è come fare le nozze coi fichi secchi”, si dice certo il senatore dem. La Cgil ha espresso “preoccupazione e perplessità” anche per non essere “stati chiamati su una partita importante che richiederebbe un confronto approfondito” Secondo il sindacato guidato da Landini “la povertà è un fenomeno complesso, non basta la presa in carico dal punto di vista economico. C’è il disagio abitativo, la povertà educativa, ci vuole una presa in carico complessiva”. Ma naturalmente, dalla Cigl, manca un contro-proposta concreta.
Il taglio del reddito di cittadinanza
Secondo il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, “è un errore toglierlo a chi non ha il lavoro”: questo perché “l’Italia dovrà fare i conti con le direttive della Commissione Europea sul reddito minimo, consentire a coloro che pur non trovando il lavoro perdono il reddito”. Infine, tra i critici contro la contro-misura del governo Meloni c’è anche Chiara Saraceno, che ha presieduto il comitato scientifico per la riforma del reddito di cittadinanza durante il governo Draghi. Secondo la sociologa “prevale l’intento punitivo verso i poveri e persistono elementi controversi o inspiegabili”. Il taglio del 30% del sussidio ai percettori “occupabili” può essere spiegato da Saraceno solo in questo modo: “Affamare i poveri per spingerli a trovarsi un lavoro. Non voglio crederci”. Insomma: la misura di inclusione attiva non è ancora di fatto entrata in vigore, ma le vedove nostalgiche del reddito di cittadinanza restando saldamente in campo, a proteggere una porta oramai rimasta mestamente sguarnita.
IL GIORNALE