Meloni sente Draghi e lamenta l’ostilità dell’Ue verso Roma. I nodi Pnrr e migranti
Sono giorni di grande agitazione a Palazzo Chigi. Dove da settimane sono alle prese con un paradosso e una nemesi Adalberto Signore 0
Sono giorni di grande agitazione a Palazzo Chigi. Dove da settimane sono alle prese con un paradosso e una nemesi. Il primo sul Pnrr (con tanto di telefonata tra Giorgia Meloni e Mario Draghi), la seconda sul fronte sbarchi e immigrazione. Un binomio che nei giorni in cui si è insediato il governo – la premier e i suoi ministri hanno giurato lo scorso 22 ottobre – era difficile da immaginare così esplosivo. E sul quale, va detto, l’azione dell’esecutivo in questi cinque mesi ha un peso relativo.
Trattasi però di due dossier, per ragioni molto diverse, comunque centrali per la tenuta del governo.
Il primo, decisamente più politico, è condizionato da due fattori. Perché sulla tempistica di messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza (in totale 191,5 miliardi tra finanziamenti a fondo perduto e prestiti messi a disposizione dall’Ue) pesa evidentemente la programmazione decisa dal precedente esecutivo e il fatto che oggi la Commissione Ue chieda «chiarimenti» su tre interventi – concessioni portuali, impianti di teleriscaldamento e piani urbani integrati – vistati proprio dal governo guidato da Draghi. A cui nessuno a Bruxelles lo scorso anno aveva fatto appunti.
Ma che l’ex numero uno della Bce avesse un canale preferenziale con i vertici delle istituzioni Ue era più che scontato. E ne aveva contezza anche Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei e il Pnrr e primo ambasciatore di Meloni ai tavoli europei. Quello che neanche Fitto si immaginava erano le tensioni che Roma avrebbe prodotto con l’Ue su una serie svariata di fronti. Il primo è quello della ratifica del Mes, seguito dal nodo concorrenza-balneari (questione che a Bruxelles – a torto o a ragione – ritengono «fuori dal comprensibile») e infine dal dossier migranti (con annessa la tragedia di Cutro). Un mix che ha contribuito non poco a irrigidire la diplomazia europea, che per le vie brevi – sia con Ursula von der Leyen, sia con Paolo Gentiloni – da settimane fa presente la cosa a Palazzo Chigi.
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