Mario Monti: “Il governo non incoraggi i furbi. Europa frugale, se salta il Pnrr”
Fabio Martini
Ha guidato l’ultimo governo che in Italia abbia saputo – e voluto – prendere misure impopolari in tempi forzatamente austeri e quella esperienza consente a Mario Monti una distanza dalle parti e una libertà di giudizio che pochi altri protagonisti della Seconda Repubblica possono permettersi, come conferma in questa intervista a La Stampa. Definendo due questioni decisive: se l’Italia non riuscisse a far fruttare le risorse e la fiducia dell’Europa, ne riceverebbe «grande biasimo», inducendo l’Unione a tornare ad essere frugale nel concedere le proprie risorse. E quanto alle prime, fondamentali scelte del governo, Monti apprezza la guida impressa dalla presidente del Consiglio ma segnala una possibile contraddizione in alcune scelte fiscali, e non solo, assunte dall’esecutivo: chi crede nella Nazione non può incoraggiare i «furbi», perché così si rischia di «svendere» lo Stato.
Nei rapporti con l’Europa, nella gestione dei conti pubblici e
nell’inversione di rotta sulla concezione dello Stato come bancomat, il
governo è stato più attivo che su altri fronti, ma ciò basta a far
pensare che questo esecutivo sarà capace di far uscire il Paese dallo
stallo che, tra alti e bassi, lo paralizza da più di 20 anni?
«Diciamo
anzitutto che proprio sull’Europa e sui conti pubblici il governo
Meloni era atteso alla prova con trepidazione: dagli italiani, dai
partner europei, dai mercati. La prova, diciamolo, è andata decisamente
meglio del previsto, almeno fin qui…»
Negli ultimi giorni, proprio sul fronte europeo. si stanno addensando diverse nubi…
«Un
Consiglio europeo non così soddisfacente come lo si è presentato al
pubblico italiano e, soprattutto, crescenti preoccupazioni sul Pnrr.
Questo ci porta dritti al cuore delle domande: saprà questo governo
riportare l’Italia alla crescita dopo oltre venti anni? Ma non sarà
troppo chiedere al governo Meloni quel che tanti governi non sono
riusciti a fare? No, è un’esigenza assoluta. Questo governo può
disporre, non per proprio merito, di risorse finanziarie senza
precedenti, quelle appunto del Pnrr. Dispone, in virtù del successo
elettorale, di una maggioranza ampia. E potrebbe disporre, se le
capacità del capo del governo continueranno a prevalere sulle forze
centrifughe presenti nella maggioranza, di cinque anni. Insomma, se
questo governo riporterà l’Italia alla crescita, ne avrà grande
riconoscimento, che dovrà condividere con l’Europa (un tempo detestata).
Ma se non ci riuscisse, ne avrebbe grande biasimo: l’Italia avrebbe
sprecato un’occasione unica e tanti Paesi europei additerebbero il caso
italiano per indurre l’Europa ad essere più frugale nel mettere a
disposizione le proprie risorse».
L’Italia è il Paese che ha ottenuto più risorse dal Pnrr, ma potrebbe rinunciare ad una quota significativa: un paradosso che rischia di diventare proverbiale? Questione che si accompagna ad una domanda antica: bastano ingenti risorse per generare la crescita?
«Qui arriviamo al punto dolente. Per dare a un Paese, a una comunità, diciamo pure a una Nazione, il soffio di una crescita durevole non basta immettervi capitale finanziario, denaro, soldi, vengano essi dal bilancio europeo o da quello dello Stato. No, è necessario creare le condizioni che favoriscano il capitale sociale, quello che tiene insieme una comunità, piccola e grande, che fa crescere la fiducia, che non porta i furbi a prevalere sistematicamente sugli onesti.
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