Quel battaglione Bozen che si arruolò nelle SS

A proposito di via Rasella, ricordiamo tutti la mobilitazione organizzata dai neofascisti nei giorni del processo Priebke, ( l’agente della Gestapo condannato all’ergastolo proprio per l’eccidio delle Fosse Ardeatine) in difesa della “verità storica distorta dall’egemonia marxista”. Come si disse allora fu una sorta di “crociata, per svelare all’opinione pubblica … che i veri colpevoli degli eccidi di via Rasella e delle Fosse Ardeatine erano i partigiani, responsabili due volte: per non essersi consegnati agli occupanti, scatenando così la rappresaglia; per aver causato la morte di innocenti fucilati al loro posto. Che poi non vi fosse stato alcun bando dell’autorità occupante con la richiesta di consegnarsi, che poi la rappresaglia sia stata immediata, questo la crociata dimenticava di dirlo”. “Priebke libero, partigiani assassini”, era lo slogan che imbrattava i muri di Roma, insieme al manifesto che, nel settembre del 1996, chiedeva un processo per “i partigiani comunisti di via Rasella a Roma che hanno lasciato trucidare 335 ostaggi civili al loro posto”. Questa è la cultura in cui è cresciuto La Russa, costruita sulla contraffazione della realtà.

Via Rasella fu il più clamoroso attentato urbano antitedesco della Resistenza europea; fu la risposta vincente alla delusione per la mancata insurrezione antifascista a ridosso dello sbarco alleato ad Anzio; fu il tentativo riuscito – come appurò una Commissione storica italotedesca nel 2012 – di contrastare l’occupante e “scuotere la maggioranza della popolazione civile dallo stato di attesa passiva in cui versava”. L’atmosfera di Roma era mefitica, con la tragedia delle delazioni, delle spiate, dell’infrangersi di antiche solidarietà di quartiere. Secondo la testimonianza di Michael Tagliacozzo, “dopo la tragica Judenaktion del 16 ottobre, gli arresti di ebrei furono in pratica effettuati da tre distinti organismi. In primo luogo si distinguevano i singoli agenti prezzolati e le spie, reclutate e incoraggiate dal comando di Roma della Gestapo. Tra queste, la famigerata banda fascista capitanata da Luigi Rosselli, portinaio del gruppo rionale fascista di piazza Lovatelli. Costui si associò in principio con altra banda, ma in seguito, quando constatò che la ricerca e la cattura di ebrei prometteva lauti guadagni, formò una propria squadra. Nella caccia all’ebreo agivano anche le squadre del neofascismo repubblicano (Bernasconi, Koch, Franquinet) e le forze di pubblica sicurezza della Questura e della Pai”. In questa Roma, terrorizzata dai fascisti e dai nazisti, si trovarono ad agire i Gap, nuclei partigiani ridottissimi, specializzati in agguati, colpi di mano, esecuzioni di spie, attentati. La loro fu una guerra selettiva negli obbiettivi e durissima nei metodi. Fu la forma di risposta armata all’occupazione nazista delle principali città italiane. Come disse un grande storico, militante del Partito d’azione, Franco Venturi, «bisognava soffiare il diavolo in corpo agli italiani» per scuoterli dall’apatia e dalla rassegnazione. Fu quello che fecero i gappisti di via Rasella.

LA STAMPA

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