Cina, Russia, il confronto e le nuove logiche imperiali
Che cosa dovrebbe averci insegnato, a più di un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, lo scontro con potenze decise a rimodellare il mondo e a piegarlo alle loro logiche imperiali? Che cosa significa per la società occidentale doversela vedere con risorgenti imperi?
Abbiamo appreso, in primo luogo, che gli imperi sono potenze revisioniste, ossia potenze spinte da quella che ritengono la loro missione imperiale a cambiare gli equilibri mondiali. Con la guerra, se non ci sono altre strade. Tale volontà revisionista non riguarda solo le grandi potenze (Cina, Russia) ma anche medie potenze come Turchia e Iran, anch’esse ispirate nella loro azione dal ricordo di un glorioso passato imperiale (l’impero ottomano, l’impero persiano). L’Occidente che aveva tentato di plasmare il mondo a propria immagine e somiglianza, è sulla difensiva, protegge un ordine internazionale che i risorgenti imperi vogliono abbattere. Di tale ordine sono componenti essenziali istituzioni, come il diritto internazionale, che non hanno valore per i suddetti imperi. Quando denunciamo crimini di guerra e legalità internazionale violata usiamo argomenti per loro privi di significato. Il diritto internazionale, nella loro prospettiva, è soltanto un modo, inventato dall’Occidente, per imbrigliare l’impero.
La seconda lezione è che il fossato culturale che ci divide (quelli che per noi sono valori sono disvalori per gli imperi e viceversa) spiega le illusioni coltivate a lungo dagli occidentali nei rapporti con Russia e Cina.
Abbiamo per tanto tempo pensato che l’interdipendenza economica avrebbe portato quelle potenze ad integrarsi nell’ordine internazionale. Di più: abbiamo creduto — è un’idea che l’Occidente si porta dietro da secoli — che l’interdipendenza economica avrebbe spinto quelle società a liberalizzarsi, a sostituire col tempo la democrazia all’autocrazia. È un’idea — errata, come ormai sappiamo — a sua volta rivelatrice della più grave difficoltà che abbiamo trovandoci oggi a competere con gli imperi: un rapporto radicalmente diverso con la storia passata. Gran parte degli occidentali vive in una specie di eterno presente, non attribuisce più valore al passato. Gli estremisti (di sinistra e di destra) che se la prendono con statue, monumenti, opere letterarie, sono solo la punta dell’iceberg, manifestazioni estreme di un più generale rifiuto del passato e delle sue eredità. In un certo senso, la «fine della storia» ce la siamo fabbricata con le nostre mani: abbiamo creduto di poterci sbarazzare del passato, dimenticando che esso condiziona sempre il presente. E ora ci troviamo a competere con progetti imperiali che proprio dalla storia passata (dal ricordo di un glorioso passato imperiale) traggono forza e legittimità. Abbiamo irriso le strampalate ricostruzioni di Putin della storia russa fatte per giustificare l’intervento in Ucraina, dimenticando che gli imperatori hanno sempre manipolato la storia in funzione dei loro disegni e delle loro azioni. Abbiamo giudicato «anacronistica» la guerra di Putin proprio perché, avendo abolito la storia, non siamo stati in grado di comprenderne la logica.
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