Ponte sullo Stretto, torna il progetto sbagliato
Paolo Baroni
Risorge la società Ponte sullo Stretto e con questa il vecchio progetto del ponte a campata unica bloccato nel 2012 dal governo Monti. Il nuovo governo, infatti, col decreto appena entrato in vigore porta le lancette indietro di 11 anni e ripesca il progetto che porta la firma del consorzio Eurolink guidato all’epoca da Impregilo (oggi Webuild) che nel 2005 vinse la gara. Rispetto al 2012 però i costi di quest’opera sono aumentati di un buon 50% e risultano più che raddoppiati rispetto alla delibera del Cipe che attribuì al ponte di Messina il carattere di «rilevanza nazionale». Dai 4,9 miliardi di euro del 2001 si è infatti passati ai 6,3 certificati nel 2011 dalla Corte dei Conti, peraltro all’epoca già finanziati per il 40% (questo perché allora si pensava di reperire il restante 60% sul mercato), mentre oggi le stime del ministero delle Infrastrutture fissano l’asticella a quota 10 miliardi. Oggi come allora, importo tutto compreso: non solo la realizzazione del ponte in se ma anche e tutte le operare accessorie, tunnel, collegamenti, rampe sia autostradali che ferroviarie.
«L’obiettivo che ci siamo dati – ha spiegato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini – è posare la prima pietra entro l’estate del 2024» e secondo il suo schema si ripartirà dal ponte a campata unica di Webuild. Progetto, hanno fatto sapere dal Mit, che ovviamente andrà integrato ed aggiornato secondo le prescrizioni e le normative vigenti, previo l’azzeramento del contenzioso in corso con Webuild. Ma la campata unica è la soluzione migliore da adottare? Secondo la Struttura tecnica di missione per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l’alta sorveglianza del Mit che a metà 2021 aveva consegnato al ministero un robusto studio sulle cosiddette di «soluzioni alternative per il sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina», la risposta è «no».
E non si tratta di un parere di poco conto perché è stato formulato da un gruppo di 16 esperti, dirigenti del ministero delle Infrastrutture, gli ad dell’epoca di Rete ferroviaria Italiana, Italferr e Anas Gentile, Isi e Simonini), il rettore del politecnico di Milano Resta ed una pattuglia di docenti di ingegneria, idraulica, geotecnica e trasporti.
Scartate in partenza le due ipotesi legate alla costruzione di tunnel, uno in alveo ed uno sotto l’alveo, dovendo scegliere tra campata unica e ponte a tre campate, il Gruppo di lavoro del Mit ha scelto la seconda. A loro giudizio, infatti, il primo progetto presenta diverse criticità. «Un aspetto sfavorevole di questa soluzione – scritto nella relazione – è sicuramente il vincolo della sua ubicazione nel punto di minima distanza fra Sicilia e Calabria (circa 3 km), che allontana l’attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, ma che al tempo stesso comporta comunque la necessità di realizzare un ponte sospeso con una luce maggiore del 50% di quella del ponte più lungo ad oggi realizzato al mondo». Oltre a questo veniva segnalato il «notevole impatto visivo (anche in ragione dell’altezza necessaria per le torri)» e «la vicinanza di zone sensibili sotto il profilo naturalistico». Due invece gli aspetti a favore: la ridotta sensibilità sismica dell’impalcato e nessun impatto sulla navigazione.
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