Il ministro Salvini in lotta col politico Matteo. Per sfuggire al patto tra Berlusconi e Meloni

di Carlo Tecce

Il ministro Matteo Salvini è seriamente intenzionato a stanare il suo principale avversario, un tipo frenetico, a volte superficiale, spesso istintivo: il politico Matteo Salvini. Non vi fate scoraggiare. Non passate avanti. Non date per scontata la resa. Può capitare una ricaduta. Una buca che faccia vacillare il ministro e lo renda di nuovo goffo, a tratti antipatico, un porto chiuso. Però i deputati e i senatori leghisti ne apprezzano l’impegno, la dedizione, il sacrificio a rivedere sé stesso. Essere Salvini è complicato, essere un altro Salvini lo è ancora di più. Varie fonti di partito concordano: «Se non fa mattate, in questa fase la sua carriera si allunga. Altrimenti…». Già: altrimenti, è finita.

Se è in gioco la sopravvivenza, allora subentra lo spirito di sopravvivenza. Le campagne elettorali in piazza o in tv gli sono congeniali, lì sbraita, arringa, addita. In Friuli Venezia Giulia, accanto al governatore Massimiliano Fedriga, era a suo agio nonostante la febbre. Questa attitudine, nel giro di un anno e mezzo, l’ha portato a procreare, poi a sostenere, infine a distruggere il governo di Mario Draghi, suscitando una severa reazione degli elettori alle urne. Elettori che, nel perpetuo confronto con Giorgia Meloni, hanno saputo riconoscere chi stava sinceramente all’opposizione e chi stava all’opposizione seduto (sdraiato) in maggioranza.

La prima accortezza, a rileggere l’ultimo semestre, è stata la scelta del ministero. Non il ritorno all’Interno per bloccare sbarchi di migranti che non si possono bloccare, insistere su un tema che non nutre più il consenso e che gli ha lasciato conseguenze giudiziarie (e comunque quel territorio lo presidia con Matteo Piantedosi), ma al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per mostrare agli elettori qualcosa di concreto. Che è capace di fare. Siccome l’esorbitanza è un suo difetto di fabbrica, spesso esagera. E il Ponte sullo Stretto e la cabina di regia per le Olimpiadi e il codice degli appalti e le automobili a combustione e il commissario alla siccità.

L’ingresso al ministero dei Trasporti, che fra i ministeri è il più sfuggente e forse il più impenetrabile, ha garantito a Salvini una protezione istituzionale anche attraverso il capo di gabinetto Alfredo Storto e il capo del legislativo Elena Griglio. Consulenti a dir poco pittoreschi come Antonio Capuano, di questi tempi, non hanno più facile accesso a Salvini. E il merito va condiviso fra la sua parte pubblica, cioè la citata protezione istituzionale, e parimenti la sua parte privata, cioè la fidanzata Francesca Verdini.

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