La pantomima di Ignazio

Gian Carlo Caselli

Come magistrato, dovendomi occupare – in tempi e circostanze molto diversi – di terrorismo rosso e di violenze riferibili a frange No Tav, sono stato tacciato da qualche disinvolto benpensante di essere “fascista”. Un’accusa falsa e oltraggiosa. Ovviamente sempre respinta.

Una situazione simile, ancorché rovesciata, sembra profilarsi oggi quando i protagonisti di certe performance sono indicati come fascisti, post o tout court. Definizione che molti di costoro vorrebbero ancora rivendicare ufficialmente perché in effetti le loro radici politico-culturali affondano nel Ventennio e nella Fiamma. Ma non possono permetterselo se non togliendo spazio alla strategia – molto apprezzata nella loro area – del revisionismo fittizio (editoriale di Massimo Giannini di domenica scorsa), che ha come obiettivo di riscrivere la storia (e la Costituzione) passando per la cancellazione di ogni differenza tra fascismo e antifascismo. Un corto circuito, un letto di Procuste non facile da gestire per i nostalgici. E qualcuno può anche sbarellare.

Ad esempio proclamando che l’azione partigiana di via Rasella del 23 marzo 1944 non colpì soldati nazisti delle SS ma semi-pensionati di una banda musicale. Per di più mimando, due volte, il gesto di chi suona una chitarra (neanche una tromba o un tamburo…), come documenta la registrazione della boutade. Alla quale è poi seguita la rettifica che sì, erano nazisti; accompagnata però da una precisazione che peggiora le cose: la notizia della banda musicale non si sa se fosse errata, ma è stata presa per buona in quanto più volte pubblicata. Mentre è evidente che per avventurarsi in certe ricostruzioni servono dati precisi e non confusi ricordi tratti magari da qualche vecchio opuscolo del Fronte della Gioventù.

Il protagonista di questa singolare pantomima (si sa) è nientemeno che la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Per cui non si tratta di polvere che si possa nascondere sotto un tappeto (tanto più se c’è il precedente di un busto del Duce a lungo ostentato in casa a mo’ di prezioso souvenir, poi traslocato dalla sorella). Certamente è difficile anche solo ipotizzare qualche possibile rimedio.

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