Don Mazzi: «A 20 anni odiavo i sacerdoti, un po’ li detesto ancora. Con Corona e Lele Mora ho solo perso tempo»
E diventò prete calabriano.
«In terza media fui bocciato per cattiva condotta. La sera mi
mettevano in ginocchio in mezzo al refettorio perché durante il giorno
avevo parlato in dialetto. La mamma veniva convocata dai professori e
piangeva, piangeva. L’ho sempre fatta soffrire».
Una specie di Franti.
«Oggi si direbbe bipolare».
Le pesa il celibato?
«Per me il matrimonio sarebbe stato una schiavitù. Da prete sono
libero di amare il mondo. La castità è un valore, ma dev’essere
facoltativa».
È favorevole alle unioni gay?
«Accetto la convivenza, non il matrimonio. I figli hanno un padre e una madre».
Papa Francesco nel 2016 disse che insegnare la teoria del gender «è contro le cose naturali». È d’accordo?
«Ni. Non so se “contro” sia la preposizione più indovinata, ma non ne trovo un’altra. Mi dichiaro dubbioso».
Come le sembra Elly Schlein, neosegretaria del Pd?
«Mi è simpatica».
Dei sette vizi capitali, a quale ha ceduto di più?
«Me li devi dire». (Subito anticipa la risposta).
«Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia. Il terzo è
il più antipatico. Mortifica il corpo, capolavoro di Dio».
Pensavo l’ira, tant’è focoso.
«Nervoso, più che altro. È diverso da rabbioso».
Che cosa la rende nervoso?
«Le situazioni dei ragazzi».
Tollera le droghe leggere?
«Non esistono. Gli spinelli sono totalmente diversi rispetto a 20 anni fa. Distruggono. Perciò sono contrario».
In che differisce il metodo Mazzi dal metodo Muccioli?
«Vincenzo era un grand’uomo. Ragionava così: piuttosto che si
perdano, li rinchiudo a San Patrignano. Io invece ho sempre lasciato le
porte aperte. Se vuoi andartene, va’. Conta di più la vita o la libertà?
Grande domanda, eh!».
Qual è il peggior peccato?
«La disperazione».
Fabrizio Corona sparla delle comunità Exodus. Perché?
«Ah, non lo so. Pirla era e pirla è rimasto. Si crede la divinità di sé stesso, non vi è nulla di autentico in lui. Corona e Lele Mora mi hanno solo fatto perdere tempo».
È stato impietoso con Pietro Maso: «Era una bestia e non è cambiato per niente».
«Bestia è una parola grossa, lo ammetto. Però ribadisco che per me non è cambiato. Il Padreterno ci ha dato 32 denti, ma io li ho persi tutti in un incidente, perciò la lingua non mi s’impiglia».
Qual era la prima emergenza che affrontò da giovane?
«La povertà. Novembre 1951, alluvione del Polesine, più di 100
morti. Salii come volontario sul barcone dei vigili del fuoco che
salvavano i bimbi aggrappati ai tetti delle case. La mia vocazione
nacque lì, durante la piena del Po. Ho ancora nelle orecchie il rombo
delle acque. Mi rivedo nel buio, squassato dalle onde, con gli orfani
stretti al petto».
Non era ancora sacerdote.
«Ma io sarei voluto diventare organista, non prete. Studiavo al
conservatorio di Verona. Li odiavo, i sacerdoti. E un po’ li detesto
ancora adesso. Non sono cambiati per niente, sai? Quando chiesi al
vescovo di Ferrara di ordinarmi, rispose: “Balordo come sei? Prima devi
convertirti!”. Non l’ho ancora fatto».
Oggi l’emergenza qual è?
«La superficialità».
Da dove nasce?
«Dal benessere».
Il malessere del benessere.
«Il peggiore dei malesseri. La società del benessere non sarà mai né bella né buona».
Gli italiani non fanno figli.
«È un Paese di egoisti. Un figlio non è come portarsi a casa un
cane, richiede infinita pazienza. Ma non metterlo al mondo attiene più
alla paura che alla cattiveria».
Come fa a parlare di Dio a giovani inebetiti dalla droga, dal consumismo, dai social?
«Si parla di Dio parlando bene dell’uomo. È che noi parliamo male dell’uomo e quindi anche di Dio».
Se fossi ateo, come mi convincerebbe che Dio esiste?
«Non perdo tempo a convincerti. Ti guardo negli occhi. Le persone non si salvano con i ragionamenti».
Mi dice qualcosa che non ha mai rivelato a nessuno?
«La morte di mio padre Ugo è stata la peggiore disgrazia della mia
vita. Mi ha segnato in maniera irreparabile. L’ho vissuta come
un’ingiustizia da parte di Dio. Papà era ferroviere, una broncopolmonite
lo uccise a Valdobbiadene. Venne sepolto là. Non ho mai visitato la sua
tomba. Mi è sempre mancato il coraggio di andarlo a trovare. Volevo
immaginarmelo vivo».
Ma è davvero sicuro che lo potrà vedere nell’aldilà?
«Spero che ci sia un papà. Il Padre nostro. Sento ancora fortemente questo bisogno di un genitore. Il mio rimpianto di figlio è più grande del mio desiderio di vivere».
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