“Io, la Madonna e il falso miracolo delle lacrime. Ho dato 123 mila euro a una santona diabolica”
Quando ha conosciuto Gisella e suo marito?
«Nel
2018 e mi fidavo completamente di loro. Si era creato un rapporto di
profonda amicizia: viaggiavamo e mangiavamo spesso insieme. Pensi che
quando hanno festeggiato i 10 anni di matrimonio, Gisella mi ha chiesto
di accompagnarla all’altare, nella cerimonia religiosa. Non ho figli e
quel gesto mi è sembrato molto importante, mi sono sentito un po’come
suo padre. Insomma, mi fidavo e così poi ho dato i soldi. Ma non vorrei
passare per un allocco: il miracolo delle lacrime era accreditato
dall’ex vescovo e io, vedendo il buon rapporto che aveva con Gisella mi
sono fidata di lei».
Quando ha incominciato a dubitare?
«Quando
mi hanno nominato direttore dei lavori per la recinzione del terreno
delle apparizioni in via di Campo delle Rose: essendo laureato in legge
ho subito capito che l’autorizzazione non era in regola e si stava per
commettere un abuso. Così mi sono allontanato. Poi, ho iniziato ad avere
perplessità sul miracolo e ho scritto il libro “Le false apparizioni di
Trevignano”».
Ma allora perché non vuole sporgere denuncia?
«È
chiaro che ho versato i 123 mila euro in buonafede, ma finché il
vescovo non dirà che il miracolo della Madonna che piange sangue è un
falso, non denuncerò. E in ogni caso non denuncerò Gisella, ma solo la
Onlus».
Chi presiede la Onlus?
«Giovanni Cardia, il marito di Gisella».
Ha mai assistito alla lacrimazione di sangue?
«Un paio di volte, anche se oggi non sono più sicuro, credo fosse solo suggestione».
E alla moltiplicazione di pizze e gnocchi?
«Mai».
Spera di riavere indietro il suo denaro?
«Sì, se si prova che è tutta una messinscena, altrimenti non chiederò nulla».
È pentito di aver donato 123 mila euro?
«Nessuno mi ha forzato a farlo. Sono pentito di aver riposto fiducia in una donna che ha approfittato della mia amicizia. Mi sento tradito come persona, prima ancora che come uomo di fede quale sono. Ho scoperto che l’8 maggio Gisella avrà un’udienza per reiterazione fallimentare per una fabbrica che aveva a Patti, in Sicilia. Chissà come andrà a finire questa storia della Madonnina».
LA STAMPA
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