Nomine, le scelte di Meloni per Eni, Enel, Poste, Leonardo e Terna (che scontentano anche i suoi ministri)

di Monica Guerzoni 

La premier sceglie i 5 top manager. Le tensioni con la Lega, Salvini sente Gianni Letta

Nomine, Meloni ha l’ultima parola. E «scontenta» anche i suoi ministri
Da sinistra Claudio Descalzi, Roberto Cingolani, Stefano Donnarumma, Matteo Del Fante, Giuseppina Di Foggia 

La clessidra di Palazzo Chigi è agli ultimi granelli di sabbia. La grande partita delle nomine al vertice di Eni, Enel, Poste, Leonardo e Terna si sta per chiudere e non senza tensioni. Giorgia Meloni è al suo primo test al grande tavolo del potere e la prova di forza della leader sta mettendo sotto pressione i partiti. Pasquetta nervosa, senza tavoli né vertici, ma con colloqui telefonici in vista degli incontri di oggi a Palazzo Chigi. Giorgetti e Salvini, che temono di restare con le briciole nel piatto, si sono parlati dal vivo e puntano a ottenere almeno la presidenza dell’Eni. 

Il ministro dell’Economia deve partire in tarda serata per una missione al Fmi e vuole salire sul volo di Stato per gli Usa con l’accordo in tasca, magari dopo aver firmato la lista. In cima c’è Claudio Descalzi, inamovibile come ad di Eni. Il secondo nome è ancora un punto interrogativo e l’unica certezza è che il presidente del cane a sei zampe «proverà a indicarlo Salvini». Purché, avvertono ai piani alti del governo, «sia un profilo di assoluto standing». Tra i nomi evidenziati in giallo spicca quello della prima donna destinata ad approdare al vertice di una società pubblica quotata in Borsa. Un traguardo che Meloni si è imposta come «grande sfida della parità». L’onore e l’onere di diventare il primo «amministratore delegato donna» — per dirla con la premier, che vuole affidarle la guida di Terna — potrebbe toccare a Giuseppina Di Foggia, ceo di Nokia Italia. 

Gli alleati sono in sofferenza, prova ne siano i colloqui tra Salvini e Gianni Letta. Meloni invoca «competenza», ha preteso l’ultima parola su tutti i profili dei manager e punta a fare il pieno, cinque ad su cinque, a dispetto dei desiderata della Lega. «Descalzi all’Eni non si tocca e alle Poste resta Matteo Del Fante», aveva avvertito la presidente. E così è stato. Fonti di governo confermano che «Giorgia è irremovibile, non ascolta nemmeno i ministri di Fratelli d’Italia».

 Ne sa qualcosa Francesco Lollobrigida, che non è riuscito a imporre Maurizio Ferrante alle Poste. E ne sa più di qualcosa Guido Crosetto. Il co-fondatore di FdI pensava di aver convinto la leader ad affidare la poltrona più importante di Leonardo a Lorenzo Mariani, ceo di Mbda Italia. Invece sembra proprio che il ministro della Difesa abbia dovuto arrendersi e che non sia affatto contento. Dopo aver promesso a Crosetto che sarà ricompensato con «cose altrettanto importanti», ammesso che lo siano anche per lui, Meloni ha scelto per sostituire l’ad Alessandro Profumo l’ex ministro del governo Draghi, Roberto Cingolani, consulente di Palazzo Chigi per l’emergenza energetica. 

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