Governo, il principio di realtà
Attribuire le responsabilità di quanto accade solo al governo in carica, tuttavia, sa di alibi delle minoranze almeno quanto sa di scaricabarile della destra la tentazione di addebitarle all’esecutivo di Draghi. Sarebbe meglio riconoscere una consapevolezza trasversale; prendere atto della situazione; e discuterne in modo meno elettoralistico: sia per non esserne travolti, sia per correre ai ripari con l’obiettivo di ridurre al massimo i possibili danni. Pensare che il peso dell’emergenza schiacci solo Meloni e i suoi alleati è una scommessa miope.
Ma lo diventerebbe ancora di più se prevalesse l’istinto di partito all’interno della stessa maggioranza. Il capitolo appena iniziatosi delle nomine che spettano al governo si sta rivelando un esperimento indicativo. Ufficialmente, ieri il Consiglio dei ministri non se n’è occupato: un modo indiretto per dire che non esiste ancora un accordo su chi mettere ai vertici delle aziende con una partecipazione dello Stato. Il leader della Lega, Matteo Salvini, sostiene che non esistono contrasti nella coalizione. Il suo capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, lo ha corretto indirettamente, sostenendo che sarebbe bizzarro se a indicare i nomi fosse un solo partito: per capirsi, Fratelli d’Italia, e cioè Meloni. E infatti, almeno fino a notte fonda non se n’è fatto nulla. Ma il tema delle nomine rimane sullo sfondo come indicazione dell’identità che la destra vuole trasmettere all’esterno: all’opinione pubblica, ai fondi di investimento e alle cancellerie europee.
C’è chi le considera come il laboratorio del primato assoluto della premier Meloni sugli alleati; chi come le forche caudine che ridimensioneranno il presunto strapotere di Palazzo Chigi rispetto a Lega e Forza Italia, indebolita dalla malattia di Silvio Berlusconi; e chi come una prosecuzione della lotta sorda tra Meloni e Salvini per l’egemonia della destra: con i migranti, il Piano per la ripresa, le nomine, perfino le concessioni balneari come terreno della competizione. Ottiche così parziali, tuttavia, renderebbero il governo non solo ostaggio ma catalizzatore di un’emergenza senza fine.
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