Valerio e Odifreddi tra divino e tecnologia

Mirella Serri

Incollati davanti alla smart tv, dipendenti dall’iPhone, inseparabili dallo smartwatch al polso: la nostra nuova forma di religione, la nuova frontiera del divino è la tecnologia? Giriamo l’interrogativo a Chiara Valerio, autrice della bella ricerca La tecnologia è religione (Einaudi), e a Piergiorgio Odifreddi, matematico, logico e saggista la cui opera più famosa, Il matematico impertinente (Longanesi), sintetizza nel titolo il temperamento e la qualità del ricercatore, volto da sempre a superare barriere e luoghi comuni. I due matematici di vaglia appartengono a due diverse generazioni: Valerio, papà fisico a Frascati, classe 1978, è nata ed è cresciuta a Scauri. Ha conseguito la laurea e il dottorato in matematica all’Università partenopea Federico II, sull’argomento del calcolo delle probabilità. Il suo pamphlet La matematica è politica ha conquistato critica e pubblico. Odifreddi, nato a Cuneo nel 1950, ha come numi tutelari Bertrand Russell, matematico e intellettuale socialista democratico, e Noam Chomsky, linguista e filosofo socialista libertario, ed è uno dei massimi esperti di divulgazione scientifica e di storia della scienza.

Tecnologia e religione sono i duellanti del mondo moderno, si fronteggiano come ambiti di conoscenza e di interpretazione della realtà?

Valerio: «Per rispondere mi sembra opportuno risalire all’esperienza fatta di recente con mio nipote. Stavo sfogliando un libro con le figure e il piccolo Francesco a un certo punto ha appoggiato pollice e indice uniti sulla pagina e poi li ha separati proprio come si fa per ampliare sullo schermo le immagini di uno smartphone o di un i-Pad. Mi ha detto: “Ma questo libro non funziona”. Francesco è nato in un momento storico in cui la tecnologia ha raggiunto un grado di sviluppo così elevato che si possono confondere i fatti con le rappresentazioni e ritenerli sovrapponibili: il bambino si irrita se questo non avviene perché la tecnologia offre maggiori comodità, tra cui la ripetizione. Aggiungo un altro esempio solo in apparenza paradossale: che differenza c’è tra danzare per far piovere e schiacciare un tasto per illuminare uno schermo? In entrambi questi due casi, un nostro movimento induce un’azione che fornisce una risposta o soddisfa una richiesta. La danza della pioggia si rivolge al cielo e il dispositivo che ne attiva l’intervento è il nostro corpo. Nel secondo caso il dispositivo è un prolungamento del corpo – telefono, smartphone, telecomando – e l’invisibile a cui ci rivolgiamo è il campo elettromagnetico. In un universo in cui molte delle vicende umane sono state meccanizzate attraverso procedure algoritmiche, la tecnologia e la magia tendono a somigliarsi. Istintivamente l’uomo sostituisce l’effetto, che non sa spiegare, con la causa. Ho voluto così descrivere nel mio libro quello che oggi sta accadendo: quando si perdono i rapporti causali si tende a pensare che il mondo sia magico. La tecnologia è percepita come qualcosa di molto lontano dalla scienza e finisce che venga vissuta come una magia».

Odifreddi: «Per capire il rapporto tra tecnologia e religione possiamo ricordare il capolavoro di Arthur C. Clarke 2001: Odissea nello spazio in cui la tecnologia appare come una magia. Però, attenzione, sembrare non significa essere. La tecnologia, dice Chiara, è come fare la danza per la pioggia. I riti sono gli stessi ma i risultati sono diversi. Se uno fa la danza per la pioggia non è detto che necessariamente piova o comunque non piove perché c’è stata la danza. Dietro la tecnologia invece si nasconde la scienza. La magia poi si può intendere in due sensi: quella dei prestigiatori che non negano di stupire e affascinare attraverso dei trucchi.

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