L’opposizione indebolita aiuta (per ora) il governo
MASSIMO FRANCO
L’implosione del sodalizio tra Calenda e Renzi contribuisce all’immagine di opposizioni in frantumi. Nella prospettiva immediata, la frammentazione rafforza Meloni
L’implosione del sodalizio tra Carlo Calenda e Matteo Renzi contribuisce all’immagine di opposizioni in frantumi. Sia quella larvatamente dialogante del loro Terzo Polo, sia quella estremista del nuovo Pd e del M5S stanno mostrando un’inadeguatezza che alla fine non fa bene a nessuno. Nella prospettiva immediata, la frammentazione favorisce e rafforza il governo di Giorgia Meloni. Ma l’assenza di una minoranza in grado di criticare e contrastare in modo credibile la coalizione di destra nel merito delle decisioni è destinata a pesare in maniera ambigua.
Promette di condizionare lo stesso governo: nel senso di dargli un’illusione di onnipotenza, sempre rischiosa. Lo espone alle proprie contraddizioni e soprattutto alla tentazione di sottovalutarle, forte dei numeri parlamentari e della debolezza avversaria. Così, di fronte alla realizzazione di un Piano per la ripresa che deve fare i conti con ostacoli e ritardi crescenti, la coalizione si trova a combattere con se stessa. E l’effetto, in particolare per i suoi riflessi internazionali, non è dei migliori.
La mediazione sulle nomine nelle aziende pubbliche ha placato lo scontro tra la premier e gli alleati Matteo salvini, leader della Lega, e i berlusconiani. I distinguo sono tuttavia destinati a riemergere. Sia su riforme istituzionali come l’autonomia regionale, sia sul presidenzialismo, esiste un patto di scambio più che un’intesa convinta. Giorgia Meloni accetta di appoggiare il progetto leghista di un’autonomia differenziata, voluta dalle regioni del Nord. Ma nutre forti dubbi, anche per il timore di perdere voti al Centro e al Sud: lo stesso di Forza Italia.
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