Adesso la premier si gioca la faccia dopo l’accordone tra FI e Lega
Lucia Annunziata
La premier non ha vinto, ma ha di sicuro chiarito vari elementi finora rimasti vaghi nella identità del suo governo. La battaglia delle nomine finita con “l’accordone” che Giorgia Meloni non voleva, ci consegna infatti una mappa precisa dei rapporti dentro la coalizione. E da questi possiamo derivare una serie di altre piccole curiosità identitarie fin qui sconosciute. Sappiamo ora, intanto, che l’accordone è stato raggiunto in piena notte con una lite che si è trascinata quasi fino all’alba. Tutto legittimo. Eccetto che non era questa la versione ufficiale – per cui possiamo cancellare la stucchevole retorica della “famiglia perfetta” (è una metafora, eh! Non stiamo parlando della famiglia vera ma della coalizione), e dare il benvenuto al centro destra nel mondo della realtà. Le coalizioni sono fatte per litigare: è un passo avanti ammetterlo.
Sappiamo ora, anche, da che parte sta Forza Italia e quanta forza (con minuscola) ancora può mettere in campo il partito di Silvio Berlusconi. Lega/Fi si confermano infatti un asse che ha tutta la tenuta delle antiche relazioni, grazie anche a una scuderia di talenti altrettanto “stagionati” (non mi riferisco all’età, sia chiaro). Lega e Forza Italia se messe con le spalle al muro sfoderano una Guardia Repubblicana che nella vita ha fatto (e vinto) molti assalti. Il “giovane” Flavio Cattaneo, che è riuscito a smentire i destini di vari suoi predecessori al vertice della Rai, inanellando dopo Viale Mazzini una serie di incarichi di tutto rispetto; Paolo Scaroni che, oltre a resistere a tutti i marosi che ha navigato, ha dalla sua una proiezione internazionale che intercetta molto bene i mercati su questioni vitali per l’Italia in questo momento; il ritorno di Gianni Letta all’ultimo minuto è stato come quello dei goleador che cambiano il risultato di una partita che sembrava nata persa – e ora si capisce meglio perché sia stato recuperato dall’esilio dove nei primi mesi lo avevano destinato. Ma, attenzione, nella partita Enel vinta da Lega/Fi c’è anche il peso specifico di una azienda che al momento nel progetto Repower Eu è già pienamente mobilitata sul Pnrr.
Sappiamo inoltre, ora, quale era l’obiettivo irrinunciabile della Premier: l’ex ministro Cingolani. Ottenuto. La sua nomina era avversata dalla Lega, perché considerato non qualificato come manager, trattandosi di uno scienziato; e l’opinione era condivisa senza tanti infingimenti dal Ministro della Difesa Crosetto – che preferiva un esperto di armi, missili in particolare. Tenendo conto del forte legame fra Crosetto e Meloni, la vittoria su Cingolani non è stata poca cosa. Persa invece per Chigi l’opzione Donnarumma a Terna, recuperata ma non tanto con la nomina di una donna Ad, Di Foggia.
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