Solo 4 miliardi per l’Irpef e ora nel Def rispunta la revisione del Catasto
Luca Monticelli
ROMA. Otto miliardi di euro in due anni per il lavoro e il fisco: troppo poco per chiamarlo tesoretto. La prossima legge di Bilancio parte in salita, la coperta è già cortissima. Ci sono 3,4 miliardi di euro che dal mese prossimo e fino a dicembre andranno a tagliare il cuneo fiscale, rendendo le buste paga dei lavoratori con redditi medio bassi un po’ più pesanti, e poi 4,5 miliardi che nel 2024 serviranno a finanziare la riforma del fisco, soprattutto per aiutare le famiglie. Il governo chiederà alle Camere di utilizzare questi soldi in deficit per sostenere il potere d’acquisto degli italiani eroso dall’inflazione.
Lo spazio fiscale dello 0,2% del Pil per l’anno prossimo è frutto della differenza tra un indebitamento tendenziale al 3,5% e uno programmatico al 3,7%, che, si legge nel Documento di economia e finanza pubblicato ieri nella sua versione definitiva, «verrà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale». Sono allo studio anche misure per aumentare l’importo dell’assegno unico per i figli.
La riforma delle tasse, perciò, non verrà coperta solo con il riordino delle agevolazioni e con le somme recuperate dalla lotta all’evasione, ma sarà finanziata con l’apporto del deficit.
Il sentiero è sempre più stretto: la spesa per interessi è destinata a salire fino a 100 miliardi nel 2026; l’inflazione è stimata al 5,7% quest’anno, al 2,7 nel 2024 per tornare al 2% solo nel biennio 2025-26. La spesa per la previdenza sale al 16,1% del Pil (la più alta a livello Ocse), superando il 17% nel 2036 per poi imboccare un trend leggermente in discesa dopo il 2040. Non a caso, non si fanno ipotesi su quanti soldi potrebbero essere messi sul piatto per la riforma delle pensioni. Un altro esempio emblematico è rappresentato dal ponte sullo stretto: costa 13 miliardi e mezzo e al momento «non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, dovranno essere individuate in legge di Bilancio».
Il quadro finanziario per il 2024 sarà più chiaro con la Nadef di fine settembre, ma di fatto la prossima manovra parte da quattro miliardi e mezzo. Pochi, visto che i collegati individuati sono 21: dal fisco alle pensioni, e poi il lavoro, la scuola, la disabilità, il turismo, la giustizia e così via. Sarà necessario rafforzare la spending review: le riduzioni di spesa dei ministeri proseguono e consentono una riduzione complessiva di 1,5 miliardi nel 2024, 2 miliardi nel 2025 e 2,2 miliardi a partire dal 2026. I risparmi saranno destinati anche ai rinnovi contrattuali della pa. La situazione di incertezza a livello internazionale obbliga alla prudenza, tuttavia il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolinea nella premessa del Def che è «del tutto realistico puntare per i prossimi anni a un aumento del tasso di crescita del Pil e dell’occupazione che vada ben oltre le previsioni».
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