Il sondaggio sul Pnrr: per il 49% non rilancerà il Paese. Italiani scettici

L’Unione europea con una felice intuizione ha denominato il Recovery plan post pandemico «Next generation Eu», per sottolineare la sua finalità precipua, ossia la costruzione del futuro dei paesi beneficiari. Qualcuno ha paragonato il Pnrr al piano Marshall che consentì la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Tuttavia, ad oggi il Pnrr risulta poco conosciuto, non affascina e suscita dubbi sulle possibilità di realizzazione. Ma senza il consenso popolare appare assai difficile che il piano possa avanzare: non va dimenticato infatti che l’attuazione delle riforme, a cui siamo tenuti per ottenere i finanziamenti europei, potrebbe essere complicata dall’indisponibilità al cambiamento di molti cittadini che non intendono rinunciare alle proprie abitudini o a diritti acquisiti. E sullo sfondo appare il rischio che qualche politico, alla permanente ricerca di consenso, possa vellicare le perplessità e i dubbi dell’opinione pubblica, opponendosi o frenando il programma di riforme.

Come se ne esce? Come si potrebbe favorire la mobilitazione dei cittadini? Forse provando a «raccontare» il piano, non tanto negli aspetti tecnici e normativi, quanto piuttosto evocando quale Paese avremo se saremo in grado di realizzarlo compiutamente: un’Italia con una ripresa demografica, con una crescita economica costante, con meno disuguaglianze, più sostenibile in termini ambientali e sociali, con più infrastrutture, con un maggior benessere individuale e collettivo. Insomma, un Paese migliore per le generazioni future. La storia ci insegna che solo delineando la meta, l’approdo finale, i cittadini si mostrano disponibili ad accettare i cambiamenti e le rinunce. Ma chi è chiamato a «narrare» deve essere credibile ed avere più il profilo da statista che quello del politico.

CORRIERE.IT

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