L’orologio che ha rovinato Macron
Il presidente è fondamentalmente l’argine contro il populismo, di destra e di sinistra, ma non è riuscito a risolvere le questioni da cui il populismo trae vita e forza
S e è vero che ognuno di noi verrà ricordato per due o tre cose, allora Emmanuel Macron resterà nella memoria collettiva come il presidente con l’orologio; proprio come il suo lontano predecessore e dichiarato modello Valéry Giscard d’Estaing è ricordato come il presidente dei diamanti. Ma se quello fu uno scandalo mai chiarito che coinvolgeva un odioso dittatore, Bokassa, stavolta il presidente non ha fatto nulla di male. Si è soltanto tolto un orologio di lusso durante un’intervista televisiva in cui spiegava i motivi della propria riforma delle pensioni, contro le mobilitazioni di piazza. Nella foga dell’argomentazione ha sbattuto l’orologio; così se l’è slacciato di nascosto, tenendo per un breve e fatale attimo le mani sotto il tavolo. Ma per i suoi nemici l’ha fatto per vergogna, per occultare un simbolo di ricchezza e di privilegio proprio mentre sosteneva le ragioni per cui bisogna chiedere un sacrificio a lavoratori anziani e mal pagati.
Molto probabilmente ha ragione Macron. L’orologio non vale 80 mila euro, come hanno scritto i suoi odiatori, ma duemila: che non sono pochi, ma restano nella sfera dei fatti propri, non in quella delle brioches di Maria Antonietta, dell’ostentazione aristocratica e dello sfregio al popolo. E ovviamente ha ragione Macron pure quando ricorda che la vita si allunga e lavorare sino a 64 anni, con l’eccezione dei lavori usuranti, è necessario.
Eppure la popolarità del presidente è crollata, e secondo un sondaggio abbastanza terrificante se si votasse oggi Marine Le Pen entrerebbe trionfalmente all’Eliseo, battendo in un ballottaggio altrettanto terrificante il campione della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon. Ma allora, se l’orologio non era poi così costoso e la riforma prevede due soli anni di lavoro in più, perché la Francia ha reagito con tanta indignazione e tanta violenza?
Ieri sera sulla legge che Macron ha imposto in Parlamento senza avere la maggioranza dei voti si è espresso il Consiglio costituzionale: «i nove Saggi», come li ha definiti un’analisi del Figaro firmata dal soave nome di Célestine Gentilhomme, ma corredata di foto di celerini armati e scontri di inaudita durezza. Com’era prevedibile i saggi, presieduti da un vecchio e accorto arnese come Laurent Fabius che era primo ministro di Mitterrand a 37 anni e ora ne ha 76, hanno individuato una soluzione di mezzo, cassando parti secondarie della riforma ma salvandola nella sostanza. Come a dire: abbiamo ascoltato il popolo, senza boicottare il sovrano. Ora ci saranno altre fiammate, ma forse la questione si assopirà; in attesa della prossima rivolta.
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