Meloni, missione in Etiopia: “Investire qui per evitare un nuovo esodo verso l’Europa”

dal nostro inviato Ilario LOmbardo

ADDIS ABEBA. Appena quattro mesi fa, nel dicembre 2022, la relazione del Copasir aveva messo nero su bianco che «il rischio di una saldatura tra i molteplici focolai di crisi e una destabilizzazione più ampia» dell’Etiopia «potrebbe alimentare flussi irregolari verso l’Unione europea». Un violento conflitto etnico, la resiliente presenza jihadista, una siccità potenzialmente catastrofica: sulla base del lavoro dell’intelligence italiana, il comitato parlamentare per la sicurezza fotografava una realtà inquietante, un mix di fattori che rappresenta la premessa alla visita di due giorni – ieri e oggi – di Giorgia Meloni ad Addis Abeba.

All’entrata dell’hotel Sheraton la presidente del Consiglio si sofferma a inquadrare il senso della missione, dopo aver già incontrato il presidente dell’Unione Africana Moussa Faki e prima di rivedere nuovamente il primo ministro etiope Abiy Ahmed. «L’Etiopia è uno snodo cruciale», dichiara. Le materie di interesse sono tante. «Quella migratoria – continua – è una conseguenza». Il “piano Mattei”, cuore della strategia meloniana in Africa, considera l’Etiopia un punto fermo per la stabilità di tutto il Corno d’Africa.

Senza una pacificazione sul lungo periodo, e senza infrastrutture e investimenti, gli effetti – le conseguenze di cui parla Meloni – sono facilmente intuibili. Il lavoro da fare è lo stesso di quello che il governo italiano sta portando avanti nel Nord Africa: «È necessario un sostegno che passa attraverso lo sblocco dei finanziamenti, come per la Tunisia» quelli attesi dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca Mondiale. Anche qui, come a Tunisi, gli aiuti si sono fermati davanti alle accuse e alle inchieste sulle violazioni dei diritti umani.

Dalla relazione del Copasir a oggi, comunque, la situazione è andata migliorando. La tregua con i ribelli del Tigray ha permesso di riprendere le relazioni internazionali e gli affari con le aziende europee e americane. Il blocco occidentale considera l’Etiopia cruciale non solo per scongiurare l’esodo dei profughi ma anche per frenare gli appetiti di Russia e Cina nella regione. Ma la stabilità è raggiungibile – sostiene Meloni – solo disincagliando le risorse promesse e «sostenendo ulteriori investimenti». L’Italia si è fatta trovare in prima fila, anche grazie ai rapporti coltivati negli ultimi anni e a un ruolo di mediazione durante il conflitto. Ma la corsa è partita. E la competizione è spietata. In Etiopia è già stato il segretario di Stato americano Anthony Blinken, e presto verranno il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

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