Quei cristi invisibili che vogliamo respingere
Massimo Giannini
La profezia era stata fin troppo facile, affidata alle parole del grande Fernando Aramburu in “Patria”: un giorno non molto lontano in pochi ricorderanno quello che è successo. «Ed è inutile farsi il sangue amaro: è la legge della vita, alla fine vince sempre l’oblio». Infatti l’oblio ha vinto anche stavolta. Sono passati quasi due mesi dal naufragio di Cutro del 26 febbraio. Novantuno vittime accertate, di cui trentacinque bambini. Ottanta sopravvissuti. Almeno dodici dispersi. Da allora quella spiaggia – punteggiata prima di corpi, poi di croci e di fiori – è già svanita dalla nostra memoria. Il mare ha smesso di restituire i morti, noi abbiamo smesso di preoccuparci dei vivi. La compassione è finita. Adesso è di nuovo «invasione». E dobbiamo ricominciare a difenderci.
Tonificato dall’audace colpo messo a segno con le nomine nelle “Big Five” partecipate dallo Stato, Matteo Salvini rilancia la crociata cattivista contro i migranti, tornando sul luogo del delitto compiuto ai tempi dei due decreti sicurezza varati dal governo grillo-leghista. Dopo aver picconato allora l’istituto della protezione «umanitaria», ora si tratta di abolire o indebolire anche quella «speciale» che è rimasta. Il Capitano non si accontenta di aver cancellato quattro anni fa la tutela per i profughi che non avevano diritto al riconoscimento dello status di rifugiato ma non potevano essere allontanati dal territorio nazionale a causa di oggettive e gravi situazioni personali. Adesso vuole abolire anche la protezione per il cittadino straniero che, se rimpatriato, possa essere oggetto di persecuzione o rischi di essere sottoposto a tortura, trattamenti degradanti, violazioni sistematiche e gravi di diritti umani.
Lo prevedevano già due disegni di legge incardinati presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera. E ora lo ribadisce un emendamento della maggioranza al decreto-Cutro, in discussione al Senato, che vieta la possibilità di convertire la protezione speciale in permessi di soggiorno per lavoro e i permessi legati a calamità naturali o a patologie mediche curabili nel Paese d’origine.
Poteva sembrare solo l’ennesima fuga in avanti del Carroccio, per mettere alla prova i Fratelli d’Italia e testare nuovamente i rapporti di forza interni alla coalizione. Purtroppo non è così. Lungo la frontiera del «peggiorismo» ideologico e del revanchismo identitario la rincorsa a destra non ammette né soste né deroghe. Libera da ogni retaggio ideologico del Fascismo e sciolta da ogni vincolo storico col Colonialismo, Giorgia Meloni ad Addis Abeba rilancia la controffensiva sovranista/revisionista. Respinge tutte le critiche, all’insegna della rimozione del passato e dell’assoluzione del presente. Abbraccia tutti i bambini, in nome dell’indiscutibile «fratellanza euro-africana» e dell’immancabile “Piano Mattei”. Siamo tutti etiopi, a casa loro. Ma vogliamo solo italiani, a casa nostra. Dunque sì, la presidente del Consiglio conferma che l’obiettivo della «eliminazione della protezione speciale» non è solo di Salvini, ma è anche il suo. E allora prepariamoci, perché il governo andrà avanti su questa strada. Anche se stavolta l’Europa non ce lo chiede, il buon senso ce lo sconsiglia, l’ordinamento giuridico ce lo vieta.
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