Strage di Erba, il pg di Milano: “Liberate Rosa e Olindo”

Gianluigi Nuzzi

La strage di Erba, dopo aver già conquistato il primato di peggiore carneficina del nuovo millennio nel nostro Paese, colleziona un’altra inquietante peculiarità: un sostituto procuratore generale dopo aver letto gli atti chiede che il processo venga riaperto, affatto convinto che Rosa e Olindo siano davvero gli assassini di quei quattro innocenti ammazzati la sera dell’11 dicembre 2006 a Erba. Un documento analitico, frutto di mesi di lavoro quello che il sostituto Cuno Tarfusser, già procuratore capo a Bolzano e ora a Milano, ha elaborato, dopo aver incontrato gli avvocati di Rosa e Olindo, i due che stanno scontando l’ergastolo dopo la pronuncia definitiva della Cassazione nel 2011. Una richiesta sollevata «in tutta coscienza per amore di verità e di giustizia e per l’insopportabilità del pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l’ergastolo». La conclusione è netta: «Fin dal primo grado c’erano prove della loro innocenza».

Il documento è ora sulla scrivania del procuratore generale Francesca Nanni perché sta a quest’ultima decidere se vistarlo e trasmetterlo a Brescia per il vaglio della Corte d’Appello sull’eventuale revisione, oppure archiviarlo non ritenendolo condivisibile. Nel documento Tarfusser valorizza elementi controversi su tutte le tre prove principali che portarono all’ergastolo. Si parte dalle macchie di sangue della vittima sull’auto usata dagli imputati, che sarebbe in realtà un effetto ottico, al riconoscimento e l’identificazione di Olindo da parte di Mario Frigerio, unico testimone della strage, che sarebbe compromesso dai “buchi” nelle intercettazioni e, da ultima, la confessione stessa della coppia che poi ha ritrattato.

L’auto accusa dei coniugi, per il magistrato, sarebbe «da considerarsi false confessione acquiescente», la testimonianza di Frigerio una «falsa memoria» legata al «peggioramento della condizione psichica» dell’uomo e alle «errate tecniche di intervista investigativa». Osservazioni, sottolinea il magistrato, che «se approfondite e valutate, avrebbero già sin dal giudizio di primo grado potuto portare ad un diverso esito processuale».

Hanno colpito il sostituto procuratore generale, sia le intercettazioni ambientali di quando Frigerio era in ospedale, mai entrate nel procedimento, sia gli audio e i video effettuati prima della confessione, Tarfusser ha cioè maturato dubbi sull’istruttoria ancora prima di valutare le “nuove prove” che gli avvocati di Rosa e Olindo hanno raccolto negli ultimi anni, contando su numerosi consulenti ed esperti. Sembra infatti che Tarfusser si sia sorpreso di numerosi dettagli a iniziare dal fatto che Rosa e Olindo vennero sentiti addirittura da quattro pubblici ministeri.

Per capire la portata di questa mossa di Tarfusser è forse davvero la prima volta dal 1930, con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale nella storia della nostra giustizia, che un sostituto procuratore generale – e quindi chi rappresenta l’accusa – ponga dei dubbi sulla colpevolezza dei condannati, sollecitando la revisione e la riapertura del dibattimento. In genere, infatti, è l’imputato a chiedere un nuovo processo. Proprio a Brescia, che con ogni probabilità sarà investita della questione dai colleghi di Milano, quest’autunno la Corte aveva respinto – ad esempio – analoga istanza presentata da Maurizio Tremonte, già informatore dei servizi, dopo la condanna all’ergastolo ricevuta per la strage di piazza Della Loggia, accogliendo così il diniego suggerito dal procuratore generale Guido Rispoli.

A questo punto è difficile ipotizzare che Nanni sconfessi il proprio consigliere più anziano mentre è più probabile che la pratica finisca a Brescia, come prevede il codice per passare al vaglio della Corte che dovrà innanzitutto decidere sull’ammissibilità della stessa.

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