Pnrr, Fitto: il piano va rimodulato in 3 mesi, ma troppi ministeri fanno resistenza
di Marco Galluzzo
Il responsabile degli Affari europei: alcuni programmi saranno spostati al 2029
Alla fine del convegno organizzato da Civita, l’assoziaione di cui Gianni Letta è presidente da ormai dieci anni, l’ex alter ego di Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto si appartano sulle terrazze del palazzo delle Generali. La vista è magnifica, e lo sono anche gli apprezzamenti che Letta ha rivolto durante il dibattito al ministro che ha le deleghe per il Pnrr e i Fondi di coesione: «Sono sicuro che ce la farà, ha competenze, coraggio e il passo giusto per portare a termine un compito così impegnativo». Letta e Fitto si conoscono da anni, da quando il giovane ministro pugliese era uno dei pupilli di Berlusconi. Ricordano insieme un caso di fruttuosa cooperazione, al termine dell’ultimo governo del Cavaliere, quando riuscirono a far arrivare 100 milioni di euro da Bruxelles (proprio con i Fondi di coesione) per risollevare le sorti delle rovine di Pompei, che da troppi anni vivevano un degrado che appariva irreversibile.
Oggi è cambiato tutto. O meglio, deve ancora cambiare tutto, e il ministro lo spiega prima dal palco del convegno poi confrontandosi proprio con Gianni Letta. C’è un problema di rimodulazione complessiva del Piano: «Perché non abbiamo da spendere un miliardo di euro, come la Lituania, e perché degli ultimi fondi di coesione siamo riusciti a investirne solo il 34%».
Quanto durerà il lavoro di modifica dei vari progetti del Piano che Fitto sta coordinando insieme alle nuove strutture di governance del Pnrr? È pur vero che Bruxelles vorrebbe tutto entro la fine di aprile, ma è altrettanto vero, come ha detto Giorgia Meloni, che «non abbiamo l’ansia dei primi della classe e che non esiste una regola temporale se non quella di fine agosto», e allora Fitto fa capire che più o meno 90 giorni, «prima della fine dell’estate», sarà il tempo necessario perché l’Italia si presenti di fronte alla Commissione con un Piano rivisto per l’ultima volta, definitivo, senza il rischio di non mettere a terra e collaudare i progetti entro la metà del 2016.
Ma esiste di questo lavoro un risvolto che Fitto condivide solo sottovoce con il suo vecchio sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e sono «le resistenza dei ministeri: non tutti si rendono conto che cambiare alcuni progetti, o dovervi rinunciare, è necessario nell’interesse di tutti, viceversa continuiamo ad essere seduti su un barile che rischia di scoppiare , alla scadenza prevista….».
Insomma il quadro è quello delineato dal palco del convegno e anche dalla presidente del Consiglio negli ultimi giorni. Riassume Fitto: «Stiamo aggregando e concentrando risorse, cosa che non si è mai fatto prima. Siamo penultimi in Europa per capacità di spesa dei fondi di Coesione, ora siamo primi, quelli che ne dovranno spendere più degli altri senza sprecarne nemmeno l’1%. È una sfida e una correzione molto forte».
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