Debito e crescita, ecco perché è un errore dire no ai prestiti Ue
Lo scenario della rinuncia totale o parziale ai prestiti è solo una gradazione meno drastica di quello appena descritto: non conviene. Il capo-economista di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice stima che con i prestiti del Piano di Bruxelles l’Italia risparmia 50 miliardi di euro in interessi. Cosa è più rischioso per il debito, prenderli o lasciarli sul tavolo?
Naturalmente, il punto resta investire nei modi e tempi giusti. Il governo di Giorgia Meloni ha diritto e probabilmente anche ragione di rivedere centinaia di progetti troppo piccoli e affidati ad amministrazioni troppo gracili. Si aspetta su questo una trasparenza che ancora non c’è stata. Ma pensare di poter presentare a Bruxelles i nuovi piani solo in estate, non questo mese, espone al rischio che le prossime erogazioni vengano bloccate: per avere i prossimi via libera in giugno, bisognerà infatti mostrare di aver centrato obiettivi di spesa su progetti che forse il governo vuole rimuovere. Dunque, anche se l’amministrazione fatica, ora il tempo stringe.
Forse il solo modello per avanzare è quello indicato da Joe Biden negli Stati Uniti con l’Inflation Reduction Act: dare più spazio ai crediti d’imposta per le imprese che si impegnano su investimenti (anche in formazione) definiti con parametri precisi. Le imprese italiane ne hanno bisogno per tenere il passo delle svolte tecnologiche. L’Istat mostra che nel 2022 ben dodici fra i ventidue grandi settori produttivi italiani registrano un calo dell’export in volumi. Fra questi filiere strategiche come i macchinari, l’auto, il mobile. È tempo di un’alleanza fra Stato e privati per gli investimenti; senza, la strada del Pnrr rischia di diventare una salita proibitiva.
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