Fisco, grandi opere, Pnrr Made in Italy e “Mia”. Parte la sfida delle riforme

Stefano Zurlo

Eppur si muove. Piano piano, troppo per chi credeva in una partenza da fenomeni, il governo comincia a delineare il grande affresco delle riforme. Siamo all’inizio, anzi per l’opposizione siamo soli ai titoli, ma al di là delle scintille di giornata alcuni temi portanti iniziano a prendere forma.

C’è finalmente la delega fiscale che ha iniziato la sua perigliosa navigazione con l’obiettivo di consegnarci un sistema tributario meno contorto e più trasparente e con l’ambizione di portare tutti nella terra promessa della flat tax.

Molti esperti sostengono che non ci sono i soldi per provare anche solo ad alleggerire la pressione su cittadini e imprese, ma la sfida è lanciata. Così come presto dovrebbe arrivare il decreto sul reddito di cittadinanza e le politiche attive, capitolo doloroso di tutti i governi che molto hanno promesso e poco realizzato.

Per ora, dai giornali, sappiamo che il reddito, ribattezzato Mia e poi spezzettato nel trittico Gil-Gal-Pal, si assottiglierà come la platea di coloro che continueranno a riceverlo sul famoso divano. Per il resto, si cerca in tutti i modi di far rientrare nel circuito produttivo chi oggi è fermo ma avrebbe le carte per andare in ufficio o in fabbrica. L’idea di una sorta di bonus braccia conserte tendenzialmente a vita è considerata un freno allo sviluppo, di più un insulto alla cultura del lavoro.

Tamponate in qualche modo le prime emergenze, dai rave al superbonus scassaconti, l’esecutivo prova a spingere sull’acceleratore delle grandi opere, a partire naturalmente dal simbolo dei simboli, il ponte sullo Stretto, finora solo una costosissima montagna di disegni ma si spera presto – nell’arco di sei anni promettono i tecnici – una realtà.

Non c’ è solo il ponte, perché ci sono poi i binari dell’alta velocità, fra Sud e Nord-Est, uno dei capitoli più corposi del Pnrr, a sua volta la madre di tutte le riforme, il nuovo Piano Marshall per far avanzare un Paese che si è in parte ripiegato su se stesso. Il Pnrr è un’eredità, pesante, del governo Draghi ma Meloni si gioca la sua credibilità, fra polemiche e critiche, proprio sul raggiungimento dei numerosi target previsti. Il Pnrr vuole smuovere il Paese, incartato in una sequenza di no, ma costringe anche la pubblica amministrazione a ripensare se stessa: ecco, in una ideale staffetta Draghi Meloni, il nuovo codice degli appalti, appena presentato dal ministro Matteo Salvini, all’insegna della velocizzazione dei tempi e del disboscamento delle procedure.

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