Il sondaggio di Pagnoncelli, FdI cala al 29%, sale il Pd: 20,7%. Tiene il consenso al governo, cresce quello per la premier
di Nando Pagnoncelli
Forza Italia raggiunge la Lega all’8%. Dopo la lite Azione e Italia viva al 5,2 (-1%)
Da qualche settimana molti si chiedono se la luna di miele tra gli italiani e il governo sia terminata. A giudicare dal sondaggio odierno non si direbbe, dato che rispetto a marzo il gradimento per l’operato del governo fa segnare l’aumento di un punto (oggi il 44% si esprime positivamente sull’esecutivo) e quello della premier di due punti (46% di valutazioni positive) portando l’indice di gradimento (calcolato escludendo coloro che non si esprimono) rispettivamente a 51 e 53. Analizzando l’andamento mensile dell’indice si osserva, al di là della lieve crescita odierna, una flessione di 4-5 punti rispetto ai mesi di novembre e dicembre, quando si registrarono i livelli di consenso più elevati. Si tratta di una flessione in linea o inferiore a quelle rilevate per la maggior parte dei governi che si sono succeduti alla guida del Paese dal 2006 in poi a sei mesi dall’insediamento. Nel complesso, quindi, permane una forte polarizzazione delle opinioni, dato che sostenitori e detrattori sostanzialmente si equivalgono.
FdI cala al 29%, sale il Pd: 20,7%. Tiene il consenso al governo, cresce quello per la premier
Come si spiega la tenuta del consenso a fronte di decisioni che hanno suscitato polemiche e tensioni tra maggioranza e opposizione e all’interno della maggioranza? Si possono avanzare diverse possibili risposte: la prima fa riferimento alle scelte di fondo del governo che hanno avuto un effetto di rassicurazione anche presso una parte dell’elettorato non di centrodestra: rapporti con l’Ue, atlantismo, posizione sul conflitto in Ucraina, tenuta dei conti pubblici; la seconda tiene conto del quadro macroeconomico che ha visto scongiurare il rischio della recessione e ha fatto registrare un rallentamento dell’inflazione e la riduzione dei costi dell’energia; la terza possibile risposta fa riferimento alla relativa trasversalità dell’elettorato del centrodestra che determina reazioni di segno opposto ai singoli provvedimenti alcuni dei quali scontentano una parte del proprio elettorato ma ne accontentano un’altra ottenendo una sorta di «effetto compensativo», come pure avvenne con il governo gialloverde nella scorsa legislatura nonché nel primo anno del governo Renzi. Ad esempio, gli interventi in ambito fiscale hanno deluso alcuni segmenti appartenenti ai ceti produttivi (che si aspettavano riduzioni più significative), ma hanno ottenuto il consenso dei lavoratori dipendenti; e potremmo continuare con provvedimenti che hanno ridimensionato il reddito di cittadinanza, la mancata riforma della legge Fornero, i balneari, ecc. Un’ultima ragione riguarda la mancanza di un’opposizione coesa che induce molte persone a fidarsi e «ad affidarsi» a chi guida il Paese.
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