I riciclati: dall’uno vale uno all’uno vale qualsiasi altro, tanti gli ex grillini che si ricollocano

Comunque, l’ex viceministro pentastellato si ritrova in buona compagnia in quanto a piroette e tripli salti carpiati. Il gattopardismo, visto che stiamo parlando di politici già pentastellati siciliani, è sempre in agguato. Che dire, infatti, di Dino Giarrusso, uno dei grillini “castigadem” più implacabili? Tra le sue numerose prese di posizione in materia si possono ricordare tweet e post nei quali, allo scoppio di uno scandalo nella sanità regionale, sosteneva che «in Umbria c’è un’organizzazione criminale legata al Partito democratico». E al culmine dello scontro con Conte gli aveva pure rimproverato di avere trasformato il M5S nello «zerbino del Pd». Eppure, evidentemente, quel «partito morto» (altra garbata definizione del Pd) esercitava nei suoi confronti un fascino “necrofilo” irresistibile, al punto da avere sfacciatamente provato a entrarci, fino a che una sollevazione interna ai dem gli ha sbarrato la strada. E non c’è due senza tre, come mostra la plurima parabola di Laura Castelli, anche lei purissima fondamentalista del grillismo e “integerrima” avversaria della partitocrazia (altrui), che salpò con la scialuppa dimaiana di Insieme per il futuro. Avventura finita ingloriosamente e, allora, ecco che la “creativa” e sabauda ex viceministra dell’Economia ha deciso di approdare al ruolo di portavoce di «Sud chiama Nord», la lista di Cateno De Luca, per la quale era brevemente transitato (con dirompente litigio finale) lo stesso Giarrusso.

D’altronde, il trasformismo sta nel dna della politica nazionale da un bel po’di tempo. Praticamente da subito, dal 1876, l’epoca della «rivoluzione parlamentare» che portò Agostino Depretis alla presidenza del Consiglio dei ministri. E, difatti, anche i protagonisti della diaspora grillina si ergevano a (incendiari) rivoluzionari, per poi finire, inevitabilmente, pompieri. E, per riprendere il filo della comparazione storica, si sono rivelati degli aspiranti notabili postmoderni, alquanto – non ce ne voglia nessuno, si tratta semplicemente di una constatazione (e del principio di realtà) – in sedicesimo rispetto ai predecessori ottocenteschi.

LA STAMPA

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