Recovery, caos nel governo. Meloni alza la voce: la premier detta la linea e a Londra ribadirà l’intenzione di utilizzare tutte le risorse Ue

ALESSANDRO BARBERA FRANCESCO OLIVO

L’invito agli imprenditori e alla comunità finanziaria londinese è stato spedito a metà settimana. L’appuntamento è per venerdì all’ora di pranzo, nella residenza dell’ambasciatore italiano. Con Giorgia Meloni ci sarà Francesco Lollobrigida, che vuole far crescere la quota di made in Italy sugli scaffali dei supermercati svuotati dalla Brexit. «L’agenda degli incontri non è ancora definita», spiegano da Palazzo Chigi. La ragione principale della visita è il bilaterale con Rishi Sunak, e non è chiaro se vedrà singolarmente gli investitori. Ma una cosa è decisa: nonostante i problemi, i ritardi e i dubbi che serpeggiano nella sua maggioranza, nell’intervento pubblico in ambasciata la premier ribadirà l’impegno a non perdere un solo euro dei duecento miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Agli occhi dei mercati non è un’affermazione banale. Il pasticcio comunicativo degli ultimi giorni ha iniziato a preoccupare gli esperti di debito italiano. Gli analisti hanno apprezzato l’impostazione prudente del Documento di economia e finanza, e l’andamento dello spread sui Bund tedeschi lo conferma. Ma in molti si interrogano per le prospettive di medio termine dell’emittente Italia. Il titolo decennale italiano paga un differenziale sulla Francia dell’1,4 per cento. La crescita quest’anno sarà nella migliore delle ipotesi dell’1 per cento, quasi un quarto del 2022. L’aumento dei tassi da parte della Banca centrale europea – lo ha detto esplicitamente Giancarlo Giorgetti in Parlamento questa settimana – farà aumentare la spesa per interessi del 2023 da 75 a 100 miliardi di euro: numeri che non si vedevano da anni. Se la curva del debito italiano di qui al 2026 è sotto controllo, lo si deve ai quaranta miliardi l’anno garantiti sulla carta dal Recovery Plan. «Senza quell’ammontare degno di una grossa legge di bilancio – spiegano due investitori sotto la garanzia dell’anonimato – il debito italiano riprenderebbe il volo».

È per questa ragione che Meloni ha deciso di tenere il punto, spegnendo sul nascere la tentazione di un pezzo della maggioranza a rinunciare ad una parte dei 122 miliardi di prestiti del Piano. Avevano iniziato il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari e Claudio Borghi. Poi il compagno di partito di Meloni, Fabio Rampelli, e ieri Guido Crosetto. «Voci dal sen fuggite», dice un esponente di governo che condivide in pieno la linea della premier. Chi le ha parlato ieri la descrive sorpresa e piuttosto irritata per affermazioni che mettono in discussione uno dei tasselli fondamentali della sua politica economica. I fedelissimi di Meloni invitano a confrontare le parole del ministro della Difesa a questo giornale con l’intervista rilasciata nelle stesse ore dalla premier a Milano Finanza. «Sul Pnrr sento e leggo cose che non esistono. Come il ministro Fitto ha già spiegato in diverse sedi istituzionali, stiamo lavorando con la Commissione europea per risolvere alcuni problemi strutturali del piano. Ma il Pnrr, sia chiaro, non è un problema, ma una grande opportunità che il governo non si lascerà sfuggire, nonostante errori e ritardi che ha ereditato».

Il messaggio ai naviganti è semplice: la linea dell’esecutivo è quella di Meloni ed è bene che si adeguino tutti. Nelle stanze di Palazzo Chigi fanno notare come non sia infrequente che molti ministri intervengano con disinvoltura su temi delicati: era successo qualche giorno fa con il responsabile della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, ora con Crosetto. Il messaggio che viene fatto filtrare dalle stanze del governo è di evitare soprattutto le esternazioni che chiamano in causa i rapporti fra Roma e Bruxelles. Quando non è lei stessa a interloquire con la presidente Ursula von der Leyen, il Pnrr è materia del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. A lui e solo a lui la premier ha delegato le trattative con il commissario all’Economia Paolo Gentiloni e il responsabile del Mercato interno Thierry Breton. «Ci siamo trovati fra le mani un Piano con cose irrealizzabili», spiega ancora una volta una voce autorizzata dalla premier. «Ma ciò non toglie che faremo di tutto per risolvere i problemi».

Il pranzo di venerdì di Meloni con Matteo Salvini è servito anzitutto a questo. Non è un caso se il vicepremier, che dal Pnrr ha solo da guadagnare in consenso, non ha mai messo il cappello ai dubbi espressi dalla prima linea leghista. Dopo quel pranzo, dal ministero delle Infrastrutture sono stati fatti filtrare più dettagli sull’attuazione del Piano per sottolineare il procedere di alcuni degli appalti, soprattutto ferroviari.

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