Questa nostra Costituzione, strumento di progresso e trasformazione

Donatella Stasio

All’inizio del 1956 Piero Calamandrei comincia a collaborare come editorialista con La Stampa e nel mese di settembre, prima della sua morte improvvisa, anticipa al quotidiano l’invio di un pezzo intitolato Questa nostra Repubblica, che purtroppo, non riuscirà a concludere. Nel 1995, quel titolo diventa Questa nostra Costituzione per mano di Alessandro Galante Garrone, che con l’editore Bompiani ripubblica un famoso saggio di Calamandrei sulle origini antifasciste della Costituzione e sulle ragioni, politiche e storiche, che ne hanno ritardato l’attuazione. Questa nostra Costituzione è un titolo «tipicamente calamandreiano», spiegava Galante Garrone, nel quale «sembra di sentir vibrare il sentimento di nostalgico affetto e insieme di pugnace volontà di difesa della Costituzione contro certe animosità o grossolane dimenticanze». In questo senso è un titolo di grande attualità e lo vogliamo rilanciare oggi perché ci parla di un senso di appartenenza a una comunità di valori – rispetto della persona, dignità, solidarietà, non discriminazione, pluralismo – che nell’antifascismo affonda le sue radici – storiche, ideali, culturali -, che di quei valori si nutre ma che, per difenderli e vivificarli, ha bisogno di memoria, di impegno, di cura.

Il patto che ci lega

Massimo Giannini 24 Aprile 2023

Avvocato, liberale e poi fondatore del Partito d’azione, padre costituente, Calamandrei ha sempre messo al centro del suo impegno politico la difesa della Costituzione e dell’eredità della Resistenza, che tra il 1948 e il 1955 vedeva minacciate da un processo di involuzione, rappresentato dalla mancata attuazione del dettato costituzionale e dal permanere della legislazione fascista, che imputava alla maggioranza politica dell’epoca, arrivando a dire che «di fronte alla Costituzione, i conservatori sono i veri sovversivi». Non c’è bisogno di scomodare simbologie fasciste per cogliere dietro il dilagante «disfattismo costituzionale e il processo alla Resistenza» – due facce della stessa medaglia poiché «la Costituzione è lo spirito della Resistenza tradotto in formule giuridiche» – una caduta della coscienza civile, l’insensibilità democratica della classe dirigente e il desiderio di ritorno all’autoritarismo fascista.

Parole che ancora una volta ci riportano all’oggi, alla cultura della destra «conservatrice» impegnata a minimizzare, negare, cancellare dalla coscienza civile momenti, valori, parole fondanti di «questa nostra Costituzione».

L’antifascismo non è un residuato bellico, sepolto insieme al fascismo, suo antagonista storico. «Il 25 aprile – spiegava Pietro Scoppola – è un punto di arrivo, come conclusione della guerra civile e liberazione del paese, ma è anche un punto di partenza per la ricostruzione democratica. In questo senso, l’antifascismo rimane come fondamento irrinunciabile della nostra Costituzione». Lo vediamo declinato nell’affermazione dei valori della persona umana, della libertà e della solidarietà, valori che il fascismo aveva negato e calpestato. La Resistenza, ricordava Calamandrei, è stata «la riscoperta della dignità dell’uomo come persona e la sua rivendicazione ne rappresentava il momento più alto: rivendicazione della libertà dell’uomo, persona e non cosa».

«Persona umana», come ha detto, di recente, il presidente della Repubblica nel suo discorso ad Auschwitz sulle corresponsabilità del fascismo negli orrori del nazismo e sul dovere della memoria, perché «odio, pregiudizio, razzismo, estremismo, antisemitismo, indifferenza, delirio, volontà di potere sono in agguato, sfidando in permanenza la coscienza delle persone e dei popoli».

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