La telefonata di Xi Jinping a Zelensky: perché proprio ora? La paura della reazione atomica alla controffensiva ucraina
Gli ha ricordato i suoi «4 si dovrebbe», i «4 punti comuni» e i «3 punti di riflessione». Il mandarino della politica è linguaggio difficile da comprendere, dall’interpretazione ambigua. In quel groviglio di «punti» dello «Xi pensiero» c’è la consueta dichiarazione cinese di rispetto della sovranità nazionale (che per Pechino comprende anche e soprattutto la questione della «riunificazione» di Taiwan); e poi l’osservazione piuttosto ovvia che «non ci sono soluzioni semplici a problemi complessi»; infine il monito che «la Cina non ha creato questa crisi» e «uno scontro tra grandi potenze va evitato» (qui l’appello è agli Stati Uniti). Sono frasi del repertorio di Xi. Il punto debole è che continua a non definire l’azione russa per quella che è: aggressione. E non ha accennato a un ritiro degli invasori dai territori ucraini occupati.
Però, la telefonata da Pechino e la partenza di un inviato speciale per Kiev mette per la prima volta davvero sul tavolo una ipotesi di mediazione.
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