Meloni prova a rassicurare gli investitori della City: “Il Pil corre, il Pnrr si farà”
dal nostro inviato Ilario Lombardo
Nei volti e nelle parole degli analisti e degli uomini della finanza c’è tutto il realismo di una città come Londra. Aspettare, vedere, giudicare. L’Italia è un osservato speciale, ma non c’è un rischio 2011, quando lo spread fece collassare il governo Berlusconi e trascinò il Paese a un passo dal fallimento. Però il futuro come economia credibile a livello globale si gioca tutto con il Pnrr. La crescita dello 0,5% di Pil che autorizza le dichiarazioni trionfanti nel governo, è una buona notizia, ma non è abbastanza. È il Recovery la chiave, sostengono gli investitori: la realizzazione dei progetti negoziati con l’Europa. Almeno così sembra raccogliendo sensazioni e previsioni durante il ricevimento all’Ambasciata italiana di Grosvenor Square dedicato alla visita di Giorgia Meloni.
Ci sono circa 400 invitati tra imprenditori, Camera di commercio locale, aziende dell’agroalimentare. Ci sono anche banche d’affari, fondi e rappresentanti del mondo della finanza – Black Rock, Lazard, Hsbc -, e si intravedono facce più o meno conosciute: Lorenzo Codogno, ex capo economista al Tesoro, oggi analista; Domenico Siniscalco, vice chairman di Morgan Stanley Europa, rimasto per settimane in cima al totonomi per il ministero dell’Economia del governo Meloni; Filippo Taddei, ex consigliere economico di Palazzo Chigi ai tempi di Matteo Renzi, oggi capo economista per il Sud Europa di Goldman Sachs, la banca d’affari che ha appena bocciato i titoli di Stato italiani; Matteo Cominetta di Barings, società di investimento, con un portafogli di oltre 387 miliardi di euro. Non è un incontro con la City, di quelli che si organizzano con premier o ministri quando c’è da rassicurare i mercati, ristretti a poche persone. «Non ce n’è bisogno», precisano da Palazzo Chigi. Non ci sono colloqui bilaterali, o confronti a margine con Meloni.
Il bilancio personale dei due giorni londinesi della premier è un debutto di successo nel cuore dei conservatori. Il bilaterale con il primo ministro inglese Rishi Sunak è andato bene, e ieri la presidente del Consiglio ha anche ricevuto il Premio Grotius del Policy Exchange, think thank di ispirazione Tory. Con lei ci sono il compagno Andrea Giambruno e la figlia Ginevra: resteranno nella capitale inglese ancora un giorno, per una brevissima vacanza. Tra gli italiani presenti in Ambasciata c’è curiosità per una leader che ancora una parte del Regno Unito considera un’estremista post-fascista.
Alla finanza interessano poco queste letture politiche. Il ragionamento è più pragmatico: il vero appuntamento per l’Italia sarà il rapporto sul Pnrr a fine giugno, lo stato di avanzamento dei lavori e i progetti rivisti. La revisione è in ritardo e gli avvertimenti di Goldman Sachs e dell’agenzia di rating Moody’s sono solo i primi segnali di allarme. La sostenibilità di un debito enorme e l’appeal dei titoli di Stato dipendono anche dalla riforma del Patto di Stabilità e della ratifica sul Mes, che Meloni continua a rinviare. Questa è in sintesi l’analisi delgi investitori di casa a Londra. Tutto si tiene, sotto la più importante sfida per l’Italia: il Pnrr. Giriamo i dubbi degli investitori alla presidente del Consiglio, che però la vede diversamente. «Questa preoccupazione dei mercati finanziari non la leggo. Io vedo uno spread sotto la media dello scorso anno, la borsa che sale, una previsione di crescita del Pil più alta di Francia e Germania e di quel che era stato previsto. I fatti dicono che l’economia italiana sta andando bene. È questo che guardano i mercati». I fatti, secondo Meloni, sono la stima Istat sul Pil del primo trimestre (+0,5% sul trimestre precedente e +1,8% tendenziale), il confronto con il Pil tedesco che è fermo, e con la crescita francese che non va oltre lo 0,2%. «Non si può sempre fare il Tafazzi anche quando le cose vanno bene».
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