La Repubblica dei narcisi: da almeno vent’anni non c’è leader che non abbia ceduto alla vanità

«Non dissolvete il dono del padre nella vanità personale, figli miei», ammoniva Beppe Grillo nei giorni della gran lite grillina sulla leadership. Conosceva i suoi polli. E quante volte ci siamo chiesti se certi scontri, certe incompatibilità, persino certe scissioni non fossero una questione di vanità. Ce lo chiediamo perché pure noi conosciamo i nostri polli, e sappiamo che la vanità è un visibile punto debole almeno dall’epoca in cui ridevamo dei tacchi col rialzo del Cavaliere.

Peraltro senza un po’ di vanità, se fossero tutti vestiti allo stesso modo con un saio francescano, la politica sarebbe assai meno comprensibile. Gli americani, si dice, capirono che Richard Nixon sarebbe stato sconfitto da John Kennedy quando lo videro in tv con un vestito marrone che lo rendeva squallido e perdente. Noi abbiamo intuito il momento di massima fortuna del renzismo dalla foto dei giovani leader progressisti in camicia bianca (Manuel Valls, Pedro Sanchez, Achim Post e Diederik Samson) sul palco della Festa di Bologna, insieme con l’allora capo del Pd. E al primo G7 dopo la guerra in Ucraina fu l’immagine dei premier senza giacca (Mario Draghi compreso), qualcuno addirittura con le maniche arrotolate, a dirci che c’erano decisioni forti nell’aria.

Il problema nostro è che adesso sono in campo le donne, e i segnali sono meno decifrabili perché di donne davvero potenti ne abbiamo avuto pochissime, tanto che il look di Schlein – studiatissimo, stilosissimo – prima del caso della salvia era stato scambiato da molti commentatori di destra per “unisex anni ‘70”, “opacità da Oviesse” (vi informo: a Roma Nord pure le fashion victim comprano da Oviesse), malagrazia che «eleva al cubo sciatteria, noncuranza, indifferenza». Toccherà aggiornarsi. Applicarsi. Dedicare alla vanità femminile almeno la metà dell’attenzione che abbiamo dedicato a quella maschile e rassegnarsi al fatto che anch’essa esprime non solo una personale civetteria ma un’idea di potere, uno status.

LA STAMPA

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