Primo Maggio, la festa triste: “Il lavoro non è più un diritto”
Alessandra Ghisleri
Quest’anno il Primo maggio arriva in un momento delicato, soprattutto per gli italiani. Perché il nostro Paese ha un serio problema di impoverimento, specie per quel che riguarda il lavoro, registrato settimana dopo settimana da ogni rilevazione che dà conto delle opinioni degli italiani. L’indifferenza è il triste risultato che scaturisce dalla domanda sulla celebrazione del Primo maggio. Tra rabbia, tristezza, speranza, delusione e festa, è proprio l’indifferenza a essere generata con la maggiore frequenza.
Secondo gli intervistati negli anni il Primo maggio ha assunto il ruolo di una festività priva di significato, solo vetrina e propaganda (30,2%), governata dalla politica (19,8%) e obsoleta (16,5%). Solo per un italiano su tre (28,4%) mantiene la sua importanza e il suo valore. È principalmente l’elettorato del Partito democratico a dichiararlo (58,3%). Se ci fermiamo a riflettere fa una certa impressione osservare che, anche tra l’elettorato di centrosinistra, con il tempo questa festività abbia smarrito il suo significato originario. Per i più il Primo maggio è una scusa per un ponte, come del resto il 25 aprile e, purtroppo, la mancanza del quorum dello scorso giovedì in Parlamento con l’assenza dei parlamentari nel giorno del voto sul Def offre un’ennesima conferma ai cittadini, qualsiasi siano state le giustificazioni.
In ogni classifica il lavoro è sempre una voce dominante, eppure rispetto all’articolo 4 comma 1 della Costituzione – «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» – la stragrande maggioranza degli italiani dichiara di non vedere riconosciuto tale diritto nella società odierna (75,8%). E neppure rispetto al comma 2 del medesimo articolo – «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» – si ritrova una visione italiana, perché il 76,1% degli intervistati afferma di non ritrovare nulla di tutto questo nella nostra società. Sembra assurdo, ma la Costituzione italiana, celebrata e pluricitata, appare non rispettata proprio nei suoi principi fondanti. La criticità più evidente secondo i cittadini è che il lavoro oggi sia sottopagato (37,3%) soprattutto nella visione delle donne (40,2%), così al posto di portare dignità alla persona (16,8%) si trasforma in un’emergenza (13,1%) e in uno strumento gestito in maniera antiquata (10,9%). Sono proprio i più giovani tra i 18 e i 24 anni, prossimi al mercato del lavoro, che ne lamentano i maggiori disagi e non ne riconoscono lo strumento per la costruzione di un futuro.
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